Le cittá sono la ricchezza delle nazioni

Un nuovo modo di vedere l’economia

Archive for 11 marzo 2008

Da Adam Smith a Karl Marx

Posted by janejacobs su marzo 11, 2008

Molti paesi, tra cui gli Stati Uniti, sono diventati vittime di un fenomeno insidioso chiamato stagflazione, un fenomeno che combina elevata disoccupazione ed elevata inflazione.
Secondo la teoria economica, questo fenomeno non dovrebbe esistere. Ma di fatto esiste e nessuno sa come combattere la stagflazione senza aumentare la disoccupazione da un lato o l’inflazione dall’altro. Il dilemma della stagflazione ha causato enormi problemi nei paesi più’ avanzati. Tali paesi credevano di poter governare l’economia dall’alto con politiche monetarie e fiscali.
Ma la stagflazione ha distrutto due secoli di teorie economiche. I prezzi crescenti non sono un grande problema se i posti di lavoro ed i salari crescono più’ velocemente. Questo “lato benefico” dell’inflazione ha interessato generazioni di economisti che hanno offerto eleganti spiegazioni al fenomeno.

Richard Cantillon, un economista Francese scrisse nel 1730:

“Se il numero di monete in circolazione aumenta grazie ad aumenti della produzione di oro e argento nelle miniere, i proprietari di queste miniere, i minatori, gli operai delle fonderie e dei conii aumenteranno le loro spese in proporzione all’oro e all’argento prodotti in eccesso. Nelle loro case consumeranno più carne, più’ vino o birra di prima, essi si abitueranno ad indossare indumenti più’raffinati, useranno lenzuola e coperte piu’ pregiate, avranno case meglio arredate […]. La domanda di carni, vino, lana ecc. aumenterà’ e i prezzi di questi beni aumenteranno. L’aumento dei prezzi determinerà’ un maggiore impiego della terra da parte dei contadini; gli stessi contadini trarranno maggiore profitto dall’incremento dei prezzi e spenderanno più’ denaro nelle loro famiglie come gli altri.
In virtu’ di tutto questo:
Considero in generale che un incremento della moneta in circolazione in una Nazione generi un corrispondente incremento del consumo di beni che gradualmente porta ad un aumento dei prezzi.”

Per quanto questa spiegazione paia antiquata, e’ anche molto familiare. Cantillon aveva cercato di rispondere alle quattro grandi domande dell’economia:

1) perche’ l’attivita’ economica cresce?

2) perche’ i prezzi salgono?

3) qual’e’ il rapporto tra crescita e prezzi?

4) se esiste un rapporto fra crescita e prezzi, come funziona?

Le risposte di Cantillon portano a quella che oggi chiamiamo teoria di espansione economica dal punto di vista della domanda, il che significa che la domanda di beni e servizi porta alla crescita economica, mentre l’offerta di beni e servizi si adatta alla domanda. Quella che Cantillon teorizzo’ era l’influsso della moneta a procurare un aumento della domanda.
In modo un po’ primitivo, Cantillon fu il primo economista Keynesiano duecento anni prima di Keynes.
Ora, proviamo a riprendere le quattro domande fondamentali dell’economia in senso negativo:
1) perche’ l’attività economica decresce?
2) perché i prezzi scendono?
3) qual’e’ il rapporto tra decrescita economica e decrescita dei prezzi? 
4) in che modo tale rapporto funziona?

 Alcuni pensatori, come Marx, sono partiti proprio da queste domande in negativo; ma ovviamente le quattro domande in positivo dovevano avere la stessa e speculare risposta delle quattro domande in negativo.

In una situazione “normale” il livello dei prezzi e il tasso di disoccupazione sembravano funzionare come un’altalena, i prezzi stavano da una parte e la disoccupazione stava dall’altra. In periodi di espansione economica, come quelli a cui si riferiva Cantillon, i prezzi salivano e la disoccupazione scendeva. Durante i periodi di recessione o depressione, i prezzi tendevano a scendere e la disoccupazione tendeva a salire.
 
 

Prezzi su, disoccupazione giu’; prezzi giu’, disoccupazione su.

Ma la stagflazione non obbedisce a queste regole, perche’ manifesta prezzi crescenti e disoccupazione crescente, rendendo l’immagine dell’altalena assurda. Per descrivere la stagflazione dovremmo immaginare che la tavola dell’altalena si trovi contemporaneamente in due punti diversi.
Ad esempio, negli Stati Uniti la stagflazione inizio’ nel 1968 e in seguito la staglfazione si intensifico’ sia in periodi positivi che in periodi negativi del ciclo economico, rovinando i periodi positivi e rendendo i periodi negativi orribili. In parole povere, durante ogni periodo di prosperita’ ed espansione, i livelli di disoccupazione non scendevano cosi’ in basso come durante la precedente espansione. Cosi’ il livello minimo di disoccupazione strutturale aumentava ad ogni periodo del ciclo. E durante le recensioni, la disoccupazione tendeva ad essere piu’ severa di quella del ciclo precedente.
Durante ogni recessione, i prezzi continuavano a salire invece di scendere o almeno rimanevano uguali. Il tasso di crescita dell’inflazione rallentava. Durante ogni ripresa economica, il tasso di inflazione iniziava a salire prima di quanto aveva fatto nella recessione precedente, e tendeva ad accelerare piu’ rapidamente. Insomma, a partire dalla fine degli anni sessanta gli Stati Uniti hanno prodotto un ciclo economico che non funzionava.
Cosi’, dietro ai movimenti dell’economia, disoccupazione e prezzi aumentavano contemporaneamente. Solo in alcuni anni il tasso di inflazione era superiore al 10 per cento, ma siccome l’inflazione si moltiplica nel tempo, i prezzi tra il 1967 ed il 1983 salirono del 200 per cento e continuarono a salire anche nel 1983 quando la disoccupazione raggiunse il 10 per cento.
L’elevata disoccupazione e i fallimenti societari nel 1982 ricordavano quelli della Grande Depressione degli anni 30. Ma durante la Grande Depressione, mentre saliva la disoccupazione, i prezzi scendevano.

Nella Grande Depressione il meccanismo dell’altalena aveva funzionato. A partire dal 1967 fino ai primi anni 80 c’era un fenomeno nuovo e intrattabile: la stagflazione. Gli Stati Uniti non furono l’unica vittima della stagflazione. La Gran Bretagna ha avuto una stagflazione per un periodo piu’ lungo di quella apparsa negli Stati Uniti. Pochi anni dopo che la stagflazione apparve negli Stati Uniti, apparve anche in Canada, e apparve anche nelle economie Europee. Ma non tutto il mondo era in stagflazione, ad esempio la Svizzera ed il Giappone in quegli anni seguivano ancora le regole espresse da Cantillon. Dietro questo dilemma c’e un terribile vuoto teorico nei volumi di teoria economica, non si trova nessuna teoria economica classica che riconosca la realta’ della stagflazione, va da se’ che non esistono rimedi contro la stagflazione .
La linea di pensiero di Cantillon non fu seguita da Adam Smith, che inizio’ a pubblicare le sue opere quaranta cinque anni dopo Cantillon.

Adam Smith 

Le teorie di Smith erano fondate sull’offerta. Smith attribuiva l’espansione economica all’espansione della produzione e del commercio e vedeva la domanda di beni come una conseguenza dell’espansione dell’offerta. Tuttavia, al contrario di altri economisti che partivano dall’offerta per giustificare la crescita economica, Smith non collego’ il nesso fra aumento dei prezzi e discesa della disoccupazione. Smith non defini’ mai la moneta come un fattore che potesse stimolare o deprimere la produzione. Egli attribui’ l’aumento generale dei prezzi soltanto alla propensita’ dei governi di praticare il signoraggio diluendo le monete preziose con metalli meno preziosi, in particolare quando volevano finanziare guerre; o per diminuire gli aumenti di oro ed argento in circolazione. Smith pensava che questi aumenti “nominali” dei prezzi come poco importanti rispetto ai prezzi “reali” dei beni e dei servizi. I veri prezzi, cosi’ come la vera ricchezza, erano rintracciabili nel lavoro. Smith considerava la ricchezza (incluso il capitale) come prodotto della fatica del produrre. Pertanto il lavoro era il costo di ogni cosa, il vero prezzo, la vera misura che dava il prezzo a cui venivano scambiate le materie prime ed i beni. A onor del vero, Smith disse che il valore monetario del lavoro oscillava in funzione della domanda di lavoro da parte di produttori e di mercanti. Dove il lavoro e’ molto richiesto – disoccupazione bassa – i salari aumentano nonostante i tentativi dei datori di lavoro di tenere i salari bassi. E dove la forza lavoro abbonda – la disoccupazione e’ alta – i salari diminuiscono. Ma Smith faceva fatica a slegare nelle sue teorie queste dinamiche dall’andamento dei prezzi. Smith identificava l’aumento dei prezzi come un fenomeno nazionale. Smith portava ad esempio gli alti salari in Inghilterra e i bassi salari in Scozia, ma siccome i due paesi appartenevano alla stessa nazione, la Gran Bretagna, non si curava del fenomeno, perche’ credeva che alla fine Scozia e Gran Bretagna sarebbero stati soggetti a a prezzi “nazionali”. Insomma, Smith non solo non offri’ nessuna spiegazione sulla connessione fra andamento dei prezzi e livelli di disoccupazione, me nego’ che vi fosse una connessione. Cio’ nonostante, basta tralasciare l’insistenza di Smith nel dire che i salari si misurano a livello nazionale e il suo esempio di aggiustamento dei prezzi a livello locale si presenta come una chiara connessione fra salari e inflazione. Perche’ se e’ vero che tutti i costi derivano dal costo del lavoro, e se e’ anche vero che i salari tendono a salire quando la disoccupazione scende; prima, forte domanda di lavoro; poi, i salari salgono; poi tutti i costi salgono; e alla fine i prezzi salgono. Questo sembra, almeno teoricamente, essere una spiegazione plausibile per i movimenti dell’altalena di cui parlavamo sopra: bassa domanda di lavoro; salari decrescono; costi scendono; e alla fine i prezzi scendono.

La teoria dei salari e’ attraente perche’ e’ semplice e probabilmente e’ per questo che e’ sempre stata molto popolare. Il suo difetto e’ che e’ troppo semplice. Lascia troppi fenomeni inspiegati. Soprattutto, non getta alcuna luce sul perché la domanda di lavoro debba oscillare. Questo e’ il problema centrale, che tuti i seri economisti da Cantillon in avanti, hanno provato a spiegare. La parte mancante e’ cruciale. Se la domanda di lavoro e’ la forza che fa muovere l’altalena, rimaniamo con una forza proveniente dal nulla e che non riusciamo a spiegare.In associazione a questa teoria, vi sono varie spiegazioni sull’inflazione spinta dai costi; i costi salgono, i prezzi salgono, quindi i salari devono salire; quindi i costi devono salire ancora di piu’; quindi i prezzi devono salire ancora; quindi i costi devono salire ancora; ecc. Mentre questa sembra una spiegazione plausibile per spiegare la spirale dell’inflazione, soffre della stessa fatale semplicita’ della teoria dei salari esposta sopra.
John Stuart Mill nel 1884 propose che la forza cruciale per muovere l’altalena fosse l’espansione o la contrazione del credito dalle banche alle aziende.
Mill era un economista che spiegava l’economia dal lato dell’offerta. Le sue idee sul credito completavano quelle di David Ricardo in Inghilterra e di Jean Baptiste Say in Francia, due dei piu’ influenti economisti del primo Novecento. Ricardo e Say pensavano che la produzione guidasse l’espansione economica e che non c’e’ limite pratico alla capacita’ di una nazione di utilizzare il capitale in maniera produttiva. Mill disse che se il capitale in circolazione per le aziende, per i produttori si doveva contrarre, allora la produzione stessa doveva contrarsi, riducendo quindi la domanda i lavoro, il consumo e i prezzi.
Per Mill, la produttivita’ ed il capitale potevano espandersi illimitatamente, a condizione che il credito venisse remunerato con tassi di interesse positivi. Mill, come Cantillon e diversamente da Adam Smith, sottolineava l’effetto stimolante della moneta (nella forma di credito), ma essendo un economista che spiegava l’economia dal lato dell’offerta, percorreva un sentiero diverso da Cantillon.
 Karl Marx

 Karl Marx, i cui scritti erano contemporanei a quelli di Mill, era furioso con Mill, Ricardo e Say per quanto riguardava le loro idee sul credito. Che ciarlatani! Che creature miserabili; che tranelli che disseminavano! Marx spiegava l’economia dal lato della domanda. La domanda che lui identificava come i bisogni della popolazione, era illimitata per definizione. Mill, Ricardo e Say non avevano capito nulla con i loro discorsi sulla crescita illimitata del capitale. Non sono i produttori che hanno bisogno di denaro, ma il popolo dei lavoratori. Cio’ che costringe l’economia e’ a mancanza di denaro nelle tasche dei lavoratori, non dei produttori.Marx sosteneva che dal momento che il profitto proveniva dalla vendita di beni e servizi, i lavoratori che producevano beni ed servizi spesso non potevano permettersi di comprare cio’ che producevano. Questo fenomeno portava inesorabilmente alla sovrapproduzione a cui seguiva il collasso dei prezzi e dell’occupazione.Marx pensava che la discrepanza fra salari e prezzi, creando delle interruzioni della domanda di beni, portava a cicli economici di disoccupazione e di deflazione e doveva anche portare prima o poi al collasso del capitalismo. Al capitalismo sarebbe succeduto il socialismo, che – attraverso l’eliminazione dei profitti – avrebbe rimediato alle inefficienze che causavano le interruzioni della domanda di beni.

Le teorie di Max erano difficili da controbattere perché i profitti non evaporano. Marx diceva che i profitti sono usati per comprare beni di consumo e servizi, in particolare beni di lusso. In parte venivano usati per comprare beni capitali, come i macchinari, le navi mercantili, macchine agricole. I beni capitali, insieme ad i salari, costituivano la domanda aggregata. E allora, come poteva emerger l’interruzione della domanda?Il problema, secondo le spiegazioni di Marx, era largamente un problema di proporzioni: la proporzione delle vendite trattenuta come profitto in rapporto alla proporzione del profitto usata per pagare i salari. Marx riteneva che il capitale finisse inesorabilmente per finire nelle mani di pochi con il passare del tempo, e che il monopolio del capitale permetteva ai capitalisti di trattenere fette piu’ larghe di ricchezza per se stessi, lasciando fette sempre piu’ piccole di ricchezza ai lavoratori. I lavoratori che lavoravano in economie capitaliste, secondo Marx, erano destinati ad impoverirsi sempre di piu’.
I profitti esorbitanti dei capitalisti non venivano usati in maniera produttiva, come Ricardo e Say credevano; infatti, Marx diceva che i profitti dei capitalisti non potevano essere usati produttivamente in virtu’ del fatto che i loro clienti, cioe’ i lavoratori, continuavano ad impoverirsi.Per varie ragioni – creazione di nuove imprese che contrastavano le vecchie, azioni politiche, lotte sindacali, aumenti dei salari dovuti alla crescita economica – il dramma di un irreversibile impoverimento dei lavoratori non si era ancora manifestato nelle economie europee avanzate. Lasciando perdere l’analisi di come un’interruzione della domanda possa accadere e quali siano le sue cause, il pensiero di tale interruzione appare una spiegazione elegante dal punto di vista teorico per il funzionamento della nostra altalena che vede da una parte la disoccupazione e dall’altra l’inflazione. Se e’ vero che un’interruzione della domanda fa abbassare i prezzi e aumenta la disoccupazione allora anche l’opposto deve essere vero (come Cantillon aveva dimostrato). Una domanda amplificata deve abbassare la disoccupazione e spingere i prezzi verso l’alto. Inoltre, se il capitale non utilizzato in maniera produttiva crea un’interruzione della domanda, secondo Marx, le rendite non dovrebbero appartenere ai capitalisti. Le rendite potrebbero essere i risparmi accumulati dai lavoratori stessi. Con queste modifiche del pensiero Marxista, arriviamo alla teoria Keynesiana dell’altalena. Continua…

Posted in a. Il paradiso degli sciocchi | Contrassegnato da tag: , , , , , , , , , , , , | 2 Comments »