Le cittá sono la ricchezza delle nazioni

Un nuovo modo di vedere l’economia

Archive for agosto 2008

Il Professor Lucio Rossi dal CERN

Posted by janejacobs su agosto 31, 2008

Il filmato qui sotto presenta una breve intervista in Francese al Prof. Lucio Rossi, il costruttore dell’accaleratore di particelle del CERN di Ginevra che dovrebbe spiegare l’origine dell’universo.

A questo link e’ possibile vedere una sua intervista in Italiano.

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Il boom delle energie rinnovabili

Posted by janejacobs su agosto 31, 2008

I finanziatori di nuove imprese dopo essersi arricchiti con il boom dei computer negli anni ’80, con il boom di Internet negli anni ’90 e con il boom delle biotecnologie nei primi anni 2000 credono che l’energia sara’ il prossimo boom.

In passato ci sono stati altri boom basati sull’energia: le macchine a vapore alimentate a carbone, la nascita dell’elettricita’. Gli ultimi decenni sono stati piuttosto tranquilli perche’ il prezzo del carbone, del gas naturale e (a parte negli anni ’70) del petrolio sono stati bassi. L’unica novita’, l’energia nucleare, e’ stata un mezzo disastro e quindi gli incentivi a innovare nel campo energetico sono stati bassi.

Ma negli ultimi due anni tutto e’ cambiato. Il petrolio costa caro e ci sono forti timori che il picco della produzione di petrolio sia stato raggiunto vista la continua crescita dei consumi energetici e le crescenti difficolta’ di trovare nuovi giacimenti di petrolio. Il prezzo del gas e’ salito con quello del petrolio e anche se il prezzo del carbone e’ rimasto basso, esso viene usato soprattutto nelle nazioni asiatiche che stanno espandendo la loro produzione industriale.
Ma nei paesi ricchi le cose stanno andando diversamente. Negli Stati Uniti al momento ci sono molti progetti per costruire impianti a carbone, ma la popolazione locale sta diventando sempre piu’ intollerante verso la costruzione di grandi impianti inquinanti. Inoltre, le compagnie elettriche americane hanno paura che se gli Stati Uniti aderiranno al trattato di Kyoto esse dovranno pagare un supplemento sostanzioso e quindi tali impianti a carbone non sarebbero piu’ cosi’ convenienti. Questo fenomeno sta aprendo un’opportunita’ economica enorme per l’energia solare ed eolica. Una volta effettuati gli investimenti necessari in ricerca ed in produzione degli impianti, il costo variabile di tali impianti sara’ zero, in quanto la luce solare ed il vento non costano nulla.
Tuttavia ci potrebbero essere ostacoli materiali allo sviluppo di questo nuovo boom energetico. Il riscaldamento globale potrebbe passare in secondo piano se l’economia entrasse in una forte recessione. Il prezzo del petrolio potrebbe scendere se si trovassero numerosi nuovi giacimenti. Ma e’ improbabile che il prezzo del petrolio scenda di molto sia perche’ la domanda di energia e’ in forte crescita, sia perche’ il petrolio resta prevalentemente nelle mani di governi instabili e caratterizzati da forte rischio politico.
 
 Oggi la popolazione mondiale consuma circa 15 terawatt di energia. (Un terawatt e’ fatto di 1,000 gigawatt, ed un gigawatt equivale alla produzione energetica di un grande impianto a carbone). Questo bisogni si trasforma in un giro d’affari di $6 trilioni, circa un decimo del PIL mondiale annuo. E molti esperti stimano che entro il 2050 il consumo di energia degli esseri umani potrebbe raddoppiare.

 Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel mondo di oggi il petrolio rappresenta il 35% del consumo di energia. il carbone il 25%, il gas naturale il 21%, le biomasse il 10%, il nucleare il 6%, le rinnovabili e l’idroelettrica il rimanente 3%.

 Molti avversari delle rinnovabili si lamentano del fatto che le esse sono “drogate” dai sussidi governativi come avviene in Germania, in Spagna ed in Italia. Superficialmente questo e vero, ma se si guada oltre, anche il settore energetico tradizionale riceve molti sussidi espliciti e nascosti, e questi costi non sono tenuti in conto correttamente.

Secondo Boyden Gray, un ex consulente alla Casa Bianca, le compagnie petrolifere Americane ricevono un trattamento preferenziale da parte del governo Americano per un importo totale di $250 miliardi all’anno. E gli esperti di cambiamento climatico delle nazioni unite stimano che se il costo dell’inquinamento del petrolio e dei combustibili fossili fosse tenuto in conto in modo corretto, dovrebbero aggiungersi dai 20 ai 50 dollari per tonnellata di anidride carbonica prodotta.

Se il mondo fosse razionale, si introdurrebbe una tassa per chi produce gas serra – come sta iniziando ad accadere in Europa. Se questo accadesse, l’elettricita’ prodotta dal vento diventerebbe competitiva con i combustibili fossili.  

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I cicli delle citta’ spiegati con Lao Tzu

Posted by janejacobs su agosto 31, 2008

Lao Tzu, fondatore del Taoismo

Lao Tzu Dopo che una nazione e’ riuscita a sviluppare vigorose economie cittadine o le ha acquisite nel corso di un’unificazione politica o di conquiste militari, i problemi delle valute come meccanismi di controllo erronei non finiscono, ma semplicemente si trasformano. E spesso nemmeno il rimedio delle tariffe diviene piu’ sufficiente. Le citta’ con questi problemi devono semplicemente convivere ed in ultima analisi, morirci. Si potrebbe supporre che la valuta di un paese che ha un grosso commercio internazionale in beni cittadini (e di materie prime) avrebbe una valuta che aiuta le citta’ come nel caso di Hong Kong e di Singapore. La difficolta’ sorge dal fatto che molte citta’ sono come le “creature del mondo” descritte da Lao Tzu duemilacinquecento anni fa: …qualcuno va davanti, qualcuno segue; Qualcuno parla ad alta voce e qualcuno sussurra, Qualcuno si sente baldanzoso quando gli altri si sentono deboli Qualcuno sta caricando mentre qualcuno scarica… Le citta’ hanno le loro tempistiche individuali per rimpiazzare le importazioni e per generare esportazioni innovative. Per sperimentare un episodio significativo di rimpiazzo delle importazioni, le citta’ devono essere prima costruite su una massa critica, una massa instabile di importazioni potenzialmente rimpiazzabili. Il ciclo di una citta’ vigorosa, una che mantiene la sua vitalita’ con il passare delle generazioni, funziona cosi’: prima si ha un periodo in cui genera diverse esportazioni, nel processo di guadagnarsi importazioni crescenti in termini di volumi e di diversificazione; secondo, quando le esportazioni rallentano, si ha un’esplosione significativa di rimpiazzo delle importazioni (ammesso che una massa critica di importazioni rimpiazzabili si sia prima costituita, altrimenti la citta’ semplicemente declina); terzo, si ha un periodo in cui nuove potenziali esportazioni, spesso innovative, sono generate nell’economia cittadina che nel frattempo si e’ allargata e diversificata; quarto un periodo di generazione di esportazioni e di guadagni di nuove importazioni potenzialmente rimpiazzabili, e infine un ritorno alla prima fase del ciclo. In alcune citta’, queste fasi del ciclo si susseguono con grande rapidita’; in altre, le fasi del ciclo si susseguono lentamente; ma indipendentemente dalla velocita’ del ciclo e’ questo il motore che mantiene le economie cittadine in piedi. Le fasi del ciclo in cui le citta’ incominciano ad intraprendere scambi commerciali rischiosi l’una con l’altra non coincidono, ma si intersecano in modo costruttivo e come dice Lao Tzu, alcune “si sentono baldanzose quando altre si sentono deboli”, “qualcuna sta caricando mentre altre scaricano…” se tutte le citta’ di una nazione iniziassero simultaneamente un’esplosione di rimpiazzo delle importazioni, il boom economico sarebbe cosi’ devastante che si soffocherebbe da se’ per mancanza di materie prime, lavoratori e tempo necessario per risolvere problemi pratici prima che diventino irrisolvibili. Ma in ogni caso, questa espansione simultanea e sbilanciata non puo’ accadere perche’ le citta’ attraversano diverse fasi del ciclo sopra descritto quando vengono prese in analisi nel medesimo lasso temporale. Una citta’ che si trova nella fase di generare nuove esportazioni o innovazioni ha bisogno di citta’-clienti che si trovano nella fase di rimpiazzo delle importazioni. perche’ queste citta’ clienti, modificando i loro acquisti di importazioni, riescono a permettersi di importare nuovi beni all’avanguardia e a permettersi di comprare questi nuovi beni relativamente costosi. Le citta’ “potenziali”, cioe’ le citta’ che stavano per nascere, sono sempre state soggette alla dipendenza da citta’ piu’ vecchie in grado di rimpiazzare le importazioni e che spostano i loro acquisti verso beni piu’ esotici o importano beni agricoli da nuove zone dove possano nascere nuove “citta”-magazzino” che forse un giorno possa svilupparsi e fiorire. “…qualcuno va davanti, qualcuno segue”.

Continua…

 

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Il concetto di Giustizia a Siena

Posted by janejacobs su agosto 30, 2008

 Lorenzetti - Giustizia

Da settecento anni il palazzo del municipio di Siena e’ il principale simbolo della citta’. All’interno dello splendido edificio, nella sala della pace, c’e’ un magnifico affresco di Ambrogio Lorenzetti chiamato l’Allegoria del Buon e del Cattivo governo.

La parete centrale dipinge sotto sembianze femminili le virtu’ del buon governo: Pace, Forza, Generosita’, Temperanza, Prudenza e Giustizia. Sospese sopra di esse ci sono le virtu’ della Fede Cristiana: Fede, Speranza e Carita’. Secoli fa gli amministratori del Comune di Siena entravano nella sala al cospetto di queste imponenti figure e si sedevano su di una piattaforma che li poneva di fronte a questo affresco come a ricordare loro costantemente i principi con cui dovevano governare la citta’. Un’iscrizione in latino li esorta: “Tu che hai il compito di giudicare sulla Terra, ama la giustizia”.

Nella parte destra della sala c’e una visione utopica di una citta’ ben amministrata dove e’ sempre estate, le persone sono occupate nel commercio, nell’agricolutra e vivono in armonia fra di loro e con la natura. Ogni uomo puo’ viaggiare liberamente e senza paura.

Nel ritratto della citta’ malgovernata, invece e’ inverno e la Giustizia e’ legata e la sua bilancia e’ rotta. Una figura simile ad un lupo, la Paura, vola attraverso alla citta’ con un papiro che dice: “Poiche’ ciascuno cerca solo il proprio bene, in questa citta’ la giustizia e’ soggetta alla Tirannia; nessuno passa attraverso questa strada senza la Paura”.

La Tirannia ha un aspetto diabolico ed e’ affiancata dalla Crudelta’ e dalla Menzogna. La Frode, la Furia, la Divisione, la Guerra, l’Avarizia, l’Orgoglio e la Vanagloria sono anch’esse rappresentate e l’unica industria presente in citta’ e’ l’industria di armi.

La Siena di allora e’ diversa dalla Siena di oggi. La citta’ allora era governata da un’oligarchia di banchieri, era continuamente in guerra con le citta’ vicine come Firenze e fronteggiava i rischi della peste bubbonica, che stermino’ la meta’ della popolazione cittadina poco dopo che questo capolavoro venne completato.

Tuttavia c’e’ qualcosa che si puo’ imparare dal concetto idealizzato di Giustizia ed e’ la sua centralita’ al funzionamento di una buona societa’.

Continua…

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Il grande scrittore e i blog

Posted by janejacobs su agosto 30, 2008

Cosa pensa il grande scrittore Paulo Coelho di Internet?

Fino a qualche anno fa era un po’ sospettoso di questo mezzo e avrebbe ritenuto impensabile l’idea di avere un proprio sito web ed una propria email periodica che aggiornasse i suoi lettori.

Ma per Paulo Coelho il mito dello scrittore che scrive un libro rinchiuso nella solitudine della sua torre d’avorio e’ solo un mito ed egli ha sempre prediletto la comunicazion diretta con i propri lettori. Per cui ha iniziato ad affacciarsi all’idea di avere un proprio sito web qualche anno fa perche’ tale sito e’ un’ulteriore occasione di interazione con i propri lettori oltre alle tradizionali presentazioni di libri in cui l’autore firma libri per i suoi ammiratori. Ma il grande scrittore si e’ spinto ancora piu’ in la.

Nel 2006, decise di separarsi per un po’ di tempo dal mondo e si e’ incamminato dalla sua casa in Francia per un viaggio di tre mesi in Tunisia, Italia, Bulgaria e Ucraina prima di salire su un treno che lo ha portato da Mosca a Vladivostok. Durante questo viaggio l’autore ha condiviso la sua esperienza con i suoi lettori attraverso il suo blog, ricevendo una quantita’ incredibile di risposte, L’autore non si sentiva piu’ solo, non era piu’ solo grazie al suo blog, neanche in mezzo alla Siberia. Il blog Transiberiano doveva durare due mesi, ma era destinato ad evolversi. Ma come?

Tornato a casa, Paulo Coelho pubblico’ La strega di Portoello e sapendo che un nuovo libro si pubblicizza meglio utilizzando anche Internet, non ha esitato a pubblicarlo anche su siti peer-to-peer e sul proprio blog.

Coelho ha capito che la logica di Internet e’ diversa dalla logica tradizionale. Su Internet si condivide tutto gratuitamente.

L’ultimo passo per il grande scrittore e’ stato quello di visitare i blog di alcuni dei suoi lettori e di pensare di iniziare a lavorare insieme a loro. Da qui e’ iniziato un progetto sperimentale per l’adattamento cinematografico del suo romanzo La strega di Portobello. Aspiranti giovani registi hanno filmato i tredici racconti che compongono il libro ed i risultati sono su Youtube. Aspiranti musicisti potevano usare MySpace per mandare idee sulla colonna sonora.

I vincitori sono pubblicati, scelti da una commissione guidata da Elisabetta Sgarbi sul sito di Paulo Coelo: http://www.paulocoelho.com.br

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L’oro olimpico piu’ bello

Posted by janejacobs su agosto 29, 2008

Poteva starsene alle Baleari a sollazzarsi su qualche yacht come altri professionisti del tennis (o del calcio). O poteva allenarsi per vincere un altro torneo con premi milionari come Wimbledon o il Roland Garros. Tuttavia, il giovane astro del tennis mondiale ha preferito guadagnarsi un oro olimpico nell’afa di Pechino per il gusto di vincere.

Quando Rafael Nadal ha ricevuto la medaglia d’oro ha detto: “Per i tennisti sono piu’ importanti i tornei del grande slam; ma per gli sportivi sono piu’ importanti le Olimpiadi . Oggi vinco per la mia gente, non solo per me”.

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Franz Ferdinand, Take me out

Posted by janejacobs su agosto 29, 2008

C’e’ qualcosa di sinistro e di maligno nel cambio di ritmo di questa canzone che avviene dopo il primo minuto. Ma e’ proprio la sorpresa di questo cambio che da’ alla canzone la sua intensita’ e la sua forza. I Franz Ferinand sono un quartetto di malefici e talentuosi Dorian Gray di Glasgow. Buon ascolto (al video segue il testo).

So if you’re lonely,
You know i’m here waiting for you,
I’m just a crosshair,
I’m just a shot away from you
And if you leave here
You leave me broken shattered alive
I’m just a crosshair
I’m just a shot..then we can die

Ooohahhhhh

I know I wont be leaving here with you

I say don’t you know
You say you don’t know
I say… take me out
I say you don’t show
Don’t move time is slow
I say… take me out

I say you don’t know
You say you don’t go
I say… take me out

I know I wont be leaving here (with you)
I know I wont be leaving here
I know I wont be leaving here (with you)
I know I wont be leaving here with you

I say don’t you know
You say you don’t know
I say… take me out
If I move this could die
Eyes move this can die
C’mon…take me out

I know I wont be leaving here (with you)
I know I wont be leaving here
I know I wont be leaving here (with you)
I know I wont be leaving here with you

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Banksy a New Orleans

Posted by janejacobs su agosto 29, 2008

A tre anni dal disastro dell’uragano Kathrina a New Orleans, un disastro che ha rivelato la debolezza del profondo Sud Americano, e’ apparso come per magia qualche graffito di Banksy.

Marines saccheggiano una casa di New Orleans

Una tradizionale banda di jazzisti suona con maschere a gas

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Il cubo di Rubik e “il numero di Dio”

Posted by janejacobs su agosto 29, 2008

Il cubo di Rubik fu inventato nel 1974 dallo scultore ungherese Erno Rubik. Esso consiste in un puzzle meccanico fatto di piccoli cubi disposti in sequenze 3x3x3. Ogni “fetta” di 3×3 cubi puo’ essere ruotata indipendentemente e ai piccoli cubi sono incollati sei tale per cui tutte le facce del cubo abbiano lo stesso colore.

Dagli anni ’80 questa scultura ha fatto impazzire milioni di giocatori e oggi il record per la risoluzione di questo puzzle appartiene al signor Erik Akkersdijk, il quale puo’ risolverlo in meno di 8 secondi, abbassando tale record dai 19 secondi del primo campionato mondiale del 1982.

Non solo gli appasionati di puzzle pero’ sono interessati a questo gioco, ma anche i matematici i quali si sono chiesti per anni: quante mosse sono necessarie per risolvere questo puzzle? Cioe’, qual’e’ il piu’ piccolo numero n per cui si puo’ essere certi che ogni configurazione del cubo non richiedera’ un numero maggiore di n  per essere risolto?

La risposta non e’ semplice come possa sembrare. Se si prende un cubo risolto e lo si mischhia ruotando le sue facce a caso 25 volte, e’ ovvio che tale cubo si possa risolvere in 25 mosse. Ma non e’ detto che non si possa risolvere in meno di 25 mosse, ed i matematici sono interessati nella soluzione ottimale – il modo piu’ breve per risolvere ogni configurazione del cubo. Il problema puo’ sembrare a noi piuttosto trascurabile, ma i matematici lo prendono molto seriamente e definiscono il numero n il “numero di Dio“.

Con le enormi capacita’ computazionali che ci sono oggi, si potrebbe pensare che la risposta a questo problema sarebbe semplice, eppure il cubo di Rubik puo avere 43 miliardi di miliardi di possibili configurazioni, il che significa che se mettessimo un pari numero di cubi di Rubik sopra l’altro, raggiungeremmo la distanza dalla Terra al Sole (e ritorno) per 8 milioni di volte.

Ma allora come fanno certi appassionati del cubo di Rubik a risolvere questo problema in una manciata di secondi?

Dopo anni di ricerche nel 2006 due matematici di Boston Dan Kunkle e Gene Cooperman hanno stabilito che il Numero di Dio non puo’ essere piu’ grande di 26. Per trovare questo limite hanno costruito 1.5 trilioni di gruppi ciascuno composto di 660,000 configurazioni che si possono raggiungere in solo sei mosse e mezzo per ciascuna faccia del buco. I loro calcoli hanno richiesto una capacita computazional immensa, circa 7 terabytes di memoria per ricordare tutte le configurazioni. Dopo 8000 ore di calcoli del supercomputer sono riusciti a stabilire che il numero di Dio non puo’ essere piu’ alto di 26, ma per ridurre ulteriormente il numero ci sarebbe voluto un computer con una potenza centinaia di volte superiore ai 7 terabytes usati, e un simile computer non esiste.

Il matematico Rockicki, che ha ricercato il numero di Dio negli ultimi 15 anni e’ riuscito ad abbassare il limite a 22 utilizzando sistemi di sottogruppi piu’ precisi ed utilizzando la capaita’ computazionale in eccesso di alcuni computers di societa’ come la Sony Pictures Imageworks. Rockicki ritiene che il numero di Dio sia 20, ma ha bisogno di ulteriore capacita computazionale. Tale capacita’ richiederebbe 900 ore del computer piu’ potente del mondo, il Livermore National Laboratory della California o l’utilizzo contemporaneo di 30,000 computer messi in rete.

Qui sotto c’e’ il link al sito personale di Rockiki: http://tomas.rokicki.com/

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Livorno nel XVIII secolo

Posted by janejacobs su agosto 28, 2008

Alla fine del ‘700 Livorno era la seconda citta’ della Toscana. Livorno era famosa nel resto del mondo quanto Firenze. Non a caso costituiva una tappa obbligatoria del Grand Tour che i viaggiatori stranieri facevano in Italia e del suo nome esistevano varie traduzioni: prerogativa riservata solo alle metropoli e alle capitali. Leghorn in inglese, Livourne in francese, Liburna in Spagnolo. Era anche uno dei porti piu’ noti d’Europa e piu’ frequentati del Mediterraneo, il secondo dopo Marsiglia, e il centro piu’ cosmopolita nel quale si potesse abitare. Una babilonia di lingue, di razze, di costumi, di culti, La patria di tutti, perseguitati politici o religiosi, avventurieri, diseredati, profughi, individui senza scrupoli, criminali o ex criminali. Per popolarla e svilupparne il porto che rimpiazzava quello di Pisa, mangiato dal mare, nel 1590, Ferdinando de’Medici aveva infatti emesso una legge che assicurava ai residenti privilegi assai insoliti: esonero dalle tasse, alloggio gratuito e corredato d’un magazzino o d’un negozio ai pescatori e ai marinai con famiglia, annullamento dei debiti inferiori a cinquecento scudi, condono delle condanne penali subite in patria o all’estero purche’ non derivassero da reati connessi all’eresia o alla lesa maesta’ o al conio di falsa moneta. E nel 1593 una seconda legge che estendendo la cuccagna a qualunque forestiero pronto a diventar residente aggiungeva le seguenti concessioni: diritto d’asilo, liberta’ di mestiere e di culto, regime giudiziario conforme agli usi e alle leggi del paese di provenienza, franchigia di tutte le sue merci depositate in dogana, permesso di esportare senza imposte e senza gabelle i prodotti importati da non piu’ di dodici mesi, nonche’ protezione dai pirati per chi viaggiava sulle rotte seguite dalla flotta dei Cavalieri di Santo Stefano cioe’ le rotte del Mediterraneo. Risultato, nel giro di pochi anni Livorno s’era riempita di fiorentini, lucchesi, genovesi, napoletani, pisani, veneziani, siciliani, ebrei fuggiti o espulsi dalla Spagna e dal Portogallo, Nel giro di pochi decenni s’era riempita anche d’inglesi, francesi, tedeschi, svizzeri, olandesi, scandinavi, russi, persiani, greci, armeni, il porto s’era sviluppato piu’ di quel che Ferdinando avesse ardito sperare e da quasi due secoli offriva uno spettacolo unico al mondo; brigantini, fregate polacche, pinchi, sciabecchi, filughe, tartane, velieri d’ogni tipo all’ormeggio. Cosi’ fitti, cosi’ numerosi, che a vele serrate i loro alberi sembravano tronchi d’una foresta senza foglie. Altre navi che a vele spiegate entravano nella rada o ne uscivano portando tonnellate e tonnellate di ricchezza: il vino e l’olio del Chianti, il baccala’ e le aringhe di Terranova, lo stoccafisso della Norvegia, il caviale della Russia, lo zucchero di Cuba, il grano dell’Ucraina, e della Virginia, l’avorio dell’Africa, i tappeti della Persia, l’oppio e le droghe di Costantinopoli, l’incenso e le spezie delle Indie Orientali, E sul molo, lungo le banchine, un brulicar di scaricatori, marinai, mercanti, mezzani, sensali, passeggeri coi tricorni, i turbanti, le parrucche, i burnus, i barracani. Un bailamme di suoni, rumori, litigi, risate, bestemmie urlate in qualsiasi lingua, Un miscuglio di piacevoli odori e soffocandti miasmi, puzzo di pesce e di fango, profumo di frutta e di fiori, Un baccanale di vita.

Coi suoi quarantaquattromila abitanti, cifra che escludeva gli stranieri in transito e i marinai che vivevano a bordo, nel 1773 era fantastica anche la citta’ dentro le mura: fino al millecinquecento un borgo di pescatori e un penitenziario per i fiscalini cioe’ gli schiavi ai remi delle galere. Cinta da un maestoso fosso d’acqua salata, il Fosso Reale e nella zona chiamata Nuova Venezia percorsa dai bei canali con graziosissimi ponti, sembrava un’isola nata per sortilegio in mezzo alla terra ferma. E tutto li’ esprimeva novita’, eccentricita’, benessere. Le case alte perfino sei piani, sempre fornite di sevizi igienici e vegri alle finestre, che insieme alle palazzine ora rosa e ora azzurre bordavano ogni canale proprio come a Venezia. (Unica variazione, il fatto che ne fossero separate da strade dette Scali e chiuse da una spalletta). I magazzini sottostrada che su quei canali si affacciavano lambiti dale acque, i navicelli, cioe’ i barconi che a quei magazzini approdavano per caricare o scaricare la merce e che attraverso rogge connesse al fiume Arno facevan la spola con Pisa e Firenze. La struttura razionale che gli architetti medicei avevano dato al resto del complesso urbano cioe’ le via che parallele o perpendicolari fra loro agevolavano il traffico, e in particolare l’ampia via Ferdinanda (o via Grande) che da Porta Pisa andava dritta al porto. Circa settecento passi di selciato su cui i carri e le carrozze sfrecciavano in due sensi passando dinanzi a edifici fastosi, locande pulite, negozi colmi di ogni bendiddio. Poi la gran piazza al centro, la piazza d’Arme, che impreziosita dalla cattedrale si stendeva per ben trecento-sessanta passi di lunghezza e centodieci di larghezza. I massicci bastioni che cingendo il Fosso Reale si ergevano con immense terrazze dove potevi andare a passeggio e goderti dall’alto la baia col faro, la tonda torre di Matilde, il rosso baluardo dell Fortezza Vecchia, il santuario di Montenero, le squisite ville degli iInglesi e degli olandesi. Nonche’ l’ineguagliabile scenario delle moschee e delle sinagoghe, delle chiese cattoliche e protestanti, copte e greco-ortodosse: simbolo d’una tolleranza e d’una convivenza altrove sconosciute. Non esistevano ghetti a Livorno. Nonostante i quartieri nei quali alcuni etnici mantenevano le loro usanze, il quartiere de’ greci. il quartiere degli ebrei, il quartiere degli armeni, non si indulgeva in pregiudizi razziali o a pratiche discriminatorie. Non si rispettavano neanche le leggi suntuarie, Ricchi e poveri potevano vestirsi di velluto o seta o broccato, portare fiocchi e nastri e cappelli e piume, e insieme al lusso molte altre cose erano permesse. Il gioco d’azzardo , ad esempio. Il libertinaggio, i bordelli. Nelle altre citta’ del Granducato le donne pubbliche venivano arrestate e messe alla gogna come i giocatori, i libertini, gli adulteri. A Livorno invece circolavano e adescavano senza problemi. Lo stesso vicario dell’Inquisizione lo consentiva “in segno di riguardo verso gli stranieri e i marittimi che in questo sito si fermano per qualche giorno o qualche settimana”.

Infine, e sebbene non ci fossero universita’,sebbene la cultura si concentrasse a Pisa, Firenze e Siena,vi fioriva il commercio dei libri. A meta’ del secolo era sorto infatti un circolo di letterati decisi a diffondere le idee dell’Illuminismo, il tipografo Marco Coltellini aveva fondato una casa editrice con lo stampatore Giuseppe Aubert, e in Italia le prima edizioni delle piu’ importanti opere illuministiche si dovevano a oro. Erano stati Coltellini e Aubert a pubblicare nel 1764, Dei delitti e delle pene del Beccaria. E nel 1763 avevano pubblicato le Meditazioni sulla felicita’ di Pietro Verri, nel 1771 le Meditazioni sull’economia politica, due anni dopo il Discorso sull’indole del piacere e del dolore. Nel 1770 s’erano addirittura assunti l’impegno i ristampare integralmente l’Encyclopedie: dai preti giudicata eretica e scandalosa, quindi apparsa solo in Francia e a Pietroburgo. Ne’ e’ tutto. Perche’ nella bottega del Coltellini trovavi anche gli introvabili testi del pensiero libertario: gli opuscoli e i pamphlets che il non meno audace libertario Pietro Molinari stampava a Londra poi faceva spedire a Livorno, Genova, Civitavecchia, Napoli, Messina. La materia di Dio, L’inferno spento, Il paradiso annichilato, Il purgatorio fischiato, I santi banditi dal Cielo, Spaccio de la Bestia Triofante: roba da togliere il sonno allo stesso Satana. Non a caso nel 1765 quand’era venuto da Londra con la scusa di recarsi a Venezia e comprarvi uno stock di perle orientali, in realta’ per portare varie casse di quei testi, Mazzei l’aveva vista brutta. Accusato dal Sant’Uffizio di contrabbandare volumi perniciosi cioe’ contrari alla religione e al buon costume, smerciarli in quantità’ tali da impestarne l’intero paese, era dovuto fuggire a Napoli e restarvi tre mesi. Quanto a Marco Coltellini e a Giuseppe Aubert, Pietro Molinari, avevan corso il rischio di beccarsi il carcere a vita. Pero’ bando alle chimere: la stragrande maggioranza dei quarantaquattromila abitanti che la citta’ contava nel 1773 non assomigliava per nulla a certi personaggi. Di libri la gente ne comprava pochi, di raffinatezze intellettuali ne ostentava pochissime, e per sapere quale fosse la nomea che Livorno aveva in quegli anni basta leggere il giudizio che ne da’ Pietro Leopoldo nelle sue Relazioni sul governo della Toscana. Ecco qua, appena riveduto e corretto per rendere piu’ comprensibile il suo Italiano non eccellente: “I forestieri non ci stanno che per interesse personale, senza alcun attaccamento al paese, e non hanno altra veduta che di var molti quattrini in forma lecita o illecita e poterli spendere in lusso o capricci o stabilirsi altrove con i guadagni, Regna fra di loro la discordia, la malignita;, lo spirito di partito e ogni sistema e’ buono pur di fare i quattrini presto: scritture false, conti simulati o alterati, lettere e calunnie per screditarsi reciprocamente… I procuratori, gli scritturali eccetera ne imitano l’esempio. I preti sono ignoranti, il popolo e’ ignorantissimo, punto religioso, superstizioso, fanatico, rissoso, dedito ai ferimenti, al furto, al gioco, al libertinaggio e ha bisogno d’esser tenuto con grandissimo rigore”.

Da: Un cappello pieno di ciliege

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Droga su Internet

Posted by janejacobs su agosto 28, 2008

Ho sentito dire di una certa “droga” che circola su Internet e che attraverso immagini e suoni replica gli effetti delle droghe “vere”. Recentemente ho comperato delle cuffie come queste qui sotto

e con gli occhi chiusi e qualche respiro profondo ho ascoltato il pezzo di cui al filmato sotto. Per chi voglia provare emozioni forti consiglio chiudere gli occhi, sedersi comodamente sulla poltrona di casa e per qualche momento non pensare a niente. Poi fate partire il video, ma tenendo sempre gli occhi chiusi. Non so se una musica si possa definire droga, ma a me ha dato emozioni forti. Buon ascolto!

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Le valute come meccanismi di controllo

Posted by janejacobs su agosto 27, 2008

Singapore
 Quando era una colonia Britannica, Singapore era una citta‘ arretrata e avrebbe tranquillamente potuto rimanere una citta‘ arretrata dopo che dalla sua nazione, la Federazione Malese, essa ottenne l’indipendenza nel 1963. Le esportazioni della Malesia erano essenzialmente prodotti agricoli e materie prime come la latta e la gomma. Tuttavia, nel 1965 Singapore con la sua popolazione prevalentemente Cinese, fu espulsa dalla Malesia perche‘ agli occhi dei Malesi la Singapore Cinese era vista come un corpo esterno indesiderato. Una volta divenuta uno stato sovrano ed indipendente, Singapore ha ottenuto una propria valuta che rifletteva molto bene la sua situazione commerciale. Inoltre, con la sua indipendenza, l’anomalia di condividere uno stesso “cervello monetario” e due corpi economici e’ svanita. Singapore, per perseguire il proprio sviluppo, non deve piu’ ingannare i Malesi produttori di beni agricoli sul loro legittimo diritto di importare i loro guadagni, ne’ rimane piu’ affossata da meccanismi di controllo impropri determinati da una moneta nazionale Malese. Singapore deve guadagnare le proprie importazioni o non avra‘ alcuna ricchezza e dovra‘ generare le sue esportaizoni o non avra‘ nessuna ricchezza, ma un meccanismo di controllo appropriato per la sua ecomia, cioe’ una valuta indipendente, le permette di fare entrambe queste cose e anche a rimpiazzare le importazioni. In termini di meccanismi di controllo, Singapore e’ un ottimo meccanismo perche‘ genera risposte e correzioni alla sua economia attraverso le oscillazioni della sua valuta, formando un’unita’ che e’ in grado di correggersi da se’. Hong Kong e’ un altro esempio simile. E Taiwan e la Corea del Sud sono esempi quasi altrettanto buoni, anche se il loro commercio internazionale si rifa’ non solo alle citta‘, ma anche alle esportazioni agricole. Quindi le economie del Pacifico hanno dei vantaggi strutturali che non ci sono in molte economie in via di sviluppo.
Il fatto che le valute delle citta’ stato siano prevalse in molte parti del mondo segnalano che le valute nazionali in molte aree sono fatalmente premature in aclune parti del mondo oggi. Il Sud America ne e’ un esempio. Certo, e’ molto improbabile che emergano citta’ stato in Sud America alle spese degli Stati Nazionali. Ma e’ anche improbabile che le nazioni del Sud America siano destinate a raggiungere un solido sviluppo ed una solidita’ economica in grado di bilanciarsi e di sorreggersi da sola. I Paesi che non sono ancora scivolati in una spirale disastrosa come l’Uruguay, stanno per scivolarci. Quando un continente intero e’ in tale grande problema economico come il Sud America si potrebbe considerare il modo in cui ci si e’ sviluppati in passato, ripensare a tale sviluppo per non scivolare nell’alternativa della degenerazione, della disorganizzazione e dell’oppressione.
Dopo che una nazione e’ riuscita a sviluppare vigorose economie cittadine o le ha acquistate nel corso di un’unificazione politica o di conquiste militari, i problemi dei meccanismi di controllo non finiscono, ma semplicemente si trasformano. Per queste situazioni difficili, nemmeno un rimedio come le tariffe diventa sufficiente. Le citta’ con questi problemi devono semplicemente convivere con essi ed in ultima analisi, morirci.
 

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Tariffe canadesi

Posted by janejacobs su agosto 26, 2008

Harvesting wheat on a farm in the grain belt near Saskatoon, Saskatchewan, Canada. A potash mine appears in the distant background.

Campi del Saskatchewan

Anche se necessarie, le tariffe applicate nelle nazioni che hanno citta‘ arretrate o stagnanti non sono il miglior rimedio piu’ utile. Le tariffe creano ostacoli al commercio fra le citta‘. Esse sono particolarmente rischiose per piccoli paesi non solo perche’ invitano gli altri paesi a imporre a loro volta tariffe e dazi, ma perche‘ le citta’ di piccole nazioni hanno bisogno di un commercio fatto di rischi e di guadagni con citta‘ in altre nazioni. Nelle grandi nazioni le tariffe mortificano le regioni agricole delle piccole nazioni. In Canada, ad esempio, la maggior parte delle esportazioni e’ rappresentata da beni agricoli e su questo commercio si basa il valore della valuta Canadese. La citta‘ che trae piu‘ beneficio dalle tariffe applicate in Canada e’ Toronto e naturalmente tali tariffe sono odiate dagli altri canadesi nelle regioni che producono beni agricoli. Tuttavia, senza la protezione delle tariffe che avvantaggia prevalentemente Toronto, il Canada sarebbe molto povero e arretrato.

Continua…

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Le tariffe Svedesi

Posted by janejacobs su agosto 23, 2008

Stoccolma
La Svezia e’ un altro esempio di nazione che ha utilizzato le tariffe per eliminare i messaggi di errore che segnalavano problemi nella valuta. Al tempo in cui la Svezia institui‘ barriere tariffarie, cioe‘ alla fine dell’ ottocento, il paese era un importante esportatore di legno, di pesce e di minerali, ma era relativamente povera e arretrata rispetto al resto d’Europa. Le tariffe Svedesi si applicavano a molti beni ed erano molto rigide.Esse venivano applicate persino contro i produttori Norvegesi, che a quel tempo operavano soprattutto nella citta‘ di Bergen. La Norvegia faceva parte del regno di Svezia, ed era sotto il governo Svedese, e le tariffe dirette contro i produttori Norvegesi portarono alla secessione Norvegese del 1905 e alla sua indipendenza.
Molte nazioni hanno citta‘ o potenziali citta‘ sono soppresse dalla mancanza di un meccanismo di controllo appropriato per le loro economie agricole o basate su materie prime. Le nazioni che producono petrolio spesso sono nazioni povere ed hanno al loro centro città arretrate che non ricevono un appropriato meccanismo di controllo perche‘ l’unica ricchezza che ricevono deriva dal petrolio.

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Giappone e tassi di cambio

Posted by janejacobs su agosto 19, 2008

Meiji Emperor.jpg 
Il geniale imperatore Meiji (o Mutsuhito)
Il Giappone, ai tempi della rivoluzione Meiji, il periodo in cui inizio’ a sviluppare la sua moderna economia, evase il meccanismo di controllo dei tassi di cambio come avevano fatto gli Stati Uniti prima. Quando il Giappone si apri’ al commercio internazionale nella meta’ dell’ XIX secolo, e per gli anni successivi, la sua principale esportazione era la seta, un prodotto prevalentemente rurale. Grazie ai guadagni provenienti dall’esportazione della seta, il Giappone era in grado di importare articoli come le biciclette, le macchine da cucire, navi di metallo e altri manufatti che non potevano essere costruiti in Giappone a costi bassi, perche‘ mancava la tecnologia. Tali prodotti sarebbero stati troppo cari da produrre per i Giapponesi se il Giappone non avesse eliminato il meccanismo di controllo derivato dal suo tasso di cambio grazie alla costituzione di tariffe. I produttori di parti di biciclette Giapponesi di cui abbiamo gia‘ parlato in precedenza erano bravissimi a ridurre i costi di produzione nel processo di aiutare lo sviluppo dell’economia Giapponese, ma erano sostenute dall’aiuto indispensabile delle tariffe. Quindi, mentre le citta‘ Giapponesi erano aiutate a svilupparsi dalle tariffe, bisogna notare che le zone agricole Giapponesi subivano passivamente questo sviluppo come nelle zone del Sud degli Stati Uniti. Le popolazioni agricole del Giappone hanno sopportato grossi sacrifici per lasciare che le citta‘ Giapponesi imparassero a produrre a basso costo i beni di cui avevano bisogno. Per circa 80 o 90 anni i villaggi Giapponesi furono schiacciati da questo peso. Naturalmente, il Giappone agricolo sta molto bene oggi grazie allo sviluppo dell’economia e non c’e risentimento per le politiche intraprese piu‘ di un secolo fa e che aiutarono lo sviluppo dell’economia Giapponese.
 

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Ruote panoramiche

Posted by janejacobs su agosto 19, 2008

Le ruote panoramiche in citta’ si sono dimostrate in molti casi attrazioni turistiche di successo. Eccone qualche esempio:

Vienna

 

Londra

 London Eye Twilight April 2006.jpg

Singapore

В Сингапуре появилось самое большое в мире колесо обозрения

Yokohama

Tokyo

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Cause economiche della guerra di secessione USA

Posted by janejacobs su agosto 19, 2008

Nei primi decenni dell’800, il meccanismo di controllo dei tassi di cambio fu “aggirato”negli Stati Uniti. Al Sud, dove le citta‘ non erano produttive, le tariffe ed i dazi voluti dagli Stati del Nord aumentavano il costo della vita senza produrre benefici economici come invece accadeva al Nord. I produttori agricoli del Sud erano “derubati” delle importazioni a basso prezzo che guadagnavano con le esportazioni agricole; le citta’ e le regioni del Sud erano le vittime del progresso economico delle citta‘ del Nord. Le citta‘ del Sud erano cosi’ infastidite dalle tariffe e dai dazi voluti dalle citta’ del Nord verso i paesi stranieri a tal punto che questo fu uno dei motivi principali per cui il Sud tento’ la Secessione dagli Stati Uniti nel 1861.
Ma perche’ le citta‘ del Sud non risposero in maniera costruttiva alle tariffe? La risposta e’ semplice e sta nel fatto che al tempo dell’istituzione delle tariffe le citta‘ Meridionali erano piu‘ arretrate rispetto a quelle del Nord, e se avessero avuto bisogno di tariffe, al limite le avrebbero dovute avere per proteggersi dalla concorrenza degli Stati del Nord cosi’ come gli Stati del Nord ne avevano avuto bisogno per proteggersi dalla concorrenza dei prodotti Europei. Forse, se il Sud non fosse stato sconfitto militarmente nela guerra di secessione, sarebbe riuscito a mettere a punto tali tariffe contro il Nord e in questo modo e questo probabilmente avrebbe incoraggiato la sua economia.
Le citta‘ del Sud erano piu‘ arretrate nel 1816, quando furono messe in atto le tariffe, perche‘ precedentemente non avevano generato esportazioni di beni fra citta‘ del Sud e quindi non avevano incominciato a prendere il rischio commerciale che fa da volano alla crescita economica, cosa che invece era avvenuta al Nord. Perche‘ questa differenza? Le esportazioni di tabacco e indaco provenienti dal Sud erano state di estremo successo. Al Nord, i magri guadagni degli agricoltori avevano innescato il commercio tra Boston e Philadelphia in manufatti come supplemento delle economie rurali del Sud. Indipendentemente dal motivo, Boston, Philadelphia e le altre citta‘ del Nord avevano stabilito intensi legami commerciali fra di loro e si avvantaggiarono di questi meccanismi al contrario di Charleston e di Richmond.
 
 

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Gli USA si sono sviluppati grazie (anche) ai dazi

Posted by janejacobs su agosto 16, 2008

Boston all’inizio dell’800
I messaggi sbagliati che dicono a una citta‘ che il suo commercio esterno va bene, anche se non e` vero non sono sempre letali come nel caso di Montevideo. Tali messaggi possono spesso essere “corretti” dai dazi, cosa che avvenne nel caso degli Stati Uniti, che nell’ 800 usarono i dazi usarono per evadere i meccanismi di controllo delle loro giovani citta‘.
Quando le colonie americane vinsero la loro indipendenza e per quasi tutto il secolo successivo il commercio internazionale degli Stati Uniti era simile a quello dell’Uruguay – cioe‘ le esportazioni erano prevalentemente agricole. Il Sud contribuiva maggiormente a questo commercio grazie al suo tabacco ed al suo indaco e piu‘ tardi al suo cotone. Ma nel anche Nord degli Stati Uniti le esportazioni internazionali erano principalmente risorse naturali e beni agricoli: pellicce, pesce, legname, grano. Le esportazioni prodotte nelle citta‘ che le piccole citta‘ del Nord degli Stati Uniti producevano l’una per l’altra erano inutili nel commercio internazionale perche‘ le citta‘ del Nord degli Stati Uniti non producevano nulla che le citta‘ Europee non producessero gia‘ da se’ a prezzi piu‘ bassi. In realta‘ le importazioni di prodotti finiti provenienti dalle citta’ Europee erano piu’ convenienti per le citta‘ Americane che la produzione interna grazie al forte potere d’acquisto della forte valuta Americana. Questo non vuol dire che erano cosi’ a buon mercato che tutti gli Americani potessero permettersi beni importati dall’Europa, ma che erano piu‘ a buon mercato dei beni prodotti dagli Americani. Le importazioni sarebbero rimaste relativamente a buon mercato e relativamente abbondanti fino a che gli USA non fossero precipitati in una crisi simile a quella in cui precipito’ l’Uruguay piu‘ di cento anni piu‘ tardi. La crisi per gli USA non arrivo’ perche’ la sua valuta rimase forte. Ma intanto le importazioni entravano negli USA senza che le citta’ Americane riuscissero a rimpiazzarle e le giovani citta‘ Statunitensi avevano raggiunto in poco tempo un punto di non ritorno economico.
La situazione critica di punto di non ritorno non fu percepita per quello che era, cioe‘ per un errore del meccanismo di controllo dei tassi di cambio, ma fu percepita come una piaga dell’industria manifatturiera Americana. Tuttavia, la risposta che gli USA diedero fu pertinente perche‘ annullo’ i messaggi negativi che le citta‘ Americane ricevevano. All‘inizio del 1816, il governo federale inizio’ a metter in atto una serie di tariffe non tanto per aumentare il reddito degli impiegati doganali, ma con lo scopo specifico di rendere le importazioni piu‘ care. In effetti, le tariffe dicevano ai cittadini e ai produttori la nuda verita‘ delle loro economie: siccome non produci abbastanza esportazioni, allora non puoi permetterti tutti i beni che importi. Le tariffe funzionarono. Il fatto che i beni prodotti al’estero erano ora piu‘ cari ci quelli domestici stimolo’ il processo di rimpiazzo delle importazioni e le economie cittadine si svilupparono molto rapidamente invece di vivere dei guadagni delle loro campagne.

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Senza produzione le citta’ collassano

Posted by janejacobs su agosto 14, 2008

Montevideo, una citta’ improduttiva
I messaggi sbagliati provenienti dalle valute nazionali arrivano alle citta’ in modo diverso a seconda di come vada il commercio internazionale delle loro nazioni prese interamente. Il messaggio sbagliato porta con se’ problemi e difficolta’.
Se il commercio internazionale di una nazione e’ essenzialmente agricolo o fatto di materie prime, e se una nazione essenzialmente e’ un’esportatrice di materie prime, la realta’ cittadina riceve i messaggi che dovrebbero ricevere le zone agricole invece di ricevere messaggi che dovrebbero riguardare la sua produzione cittadina. L’Uruguay e Montevideo ne sono un esempio. Il valore del commercio internazionale dell’Uruguay durante la formazione della sua economia era basato interamente sulle esportazioni di carne, lana, cuoio e pochi altri prodotti agricoli. Dal momento che l’Uruguay ebbe successo nelle esportazioni agricole, la sua valuta era forte e le sue importazioni erano relativamente poco care con il risultato che Montevideo, la citta’ principale dell’Uruguay non rimpiazzava vasti insiemi di prodotti con la propria produzione.
Piu’ la valuta dell’Uruguay si apprezzava grazie alla domanda straniera dei suoi beni agricoli e piu’ poteva permettersi di comprare beni dall’estero senza rimpiazzarli. Montevideo stava ottenendo potenti messaggi dalla valuta nazionale sullo stato del commercio delle sue campagne, ma non stava ricevendo alcun messaggio di controllo sullo stato del suo commercio cittadino. Montevideo non produceva niente e non si guadagnava le importazioni, ma viveva sulle spalle del lavoro delle campagne.
Quando i mercati di sbocco dei prodotti agricoli dell’Uruguay iniziarono a ridurre le loro importazioni negli anni’50 il valore della valuta dell’Uruguay inizio’ inesorabilmente a diminuire. Ad un certo punto il governo dell’Uruguay aumento’ il valore della propria moneta prendendo a prestito enormi somme dall’estero con il risultato che le importazioni dall’estero continuarono ad arrivare durante gli anni ’60, ma questo non poteva durare perche’ i progetti per cui il governo prendeva a prestito non erano in grado di migliorare la bilancia dei pagamenti del Paese. Alla fine il controllo della valuta arrivo’ nella maniera piu’ forte e chiara con questo messaggio:“Uruguay tu non stai producendo piu’ beni a a sufficienza per finanziare le tue importazioni! Non puoi continuare a comprare questi beni importati”.
Purtroppo quando Montevideo comprese questo messaggio era troppo tardi. Montevideo non era piu’ in grado di rispondere perche’ la sua capacita’ di risposta si era atrofizzata. Durante tutti quegli anni  quando la citta’ aveva vissuto sulle spalle delle sue campagne non era riuscita a costruire capacita’ produttive, cosi’ non aveva nessun fondamento per la produzione di beni e servizi, non aveva competenze, non aveva versatilità nella produzione di cio’ di cui aveva bisogno per ottenere un vantaggio dalla tariffa automatica che riceveva quando le esportazioni agricole andavano bene. Per usare ancora l’analogia fra tassi di cambio e sistema respiratorio, in Uruguay il livello di anidride carbonica aumento’ notevolmente e il sangue dell’economia dell’Uruguay registro’ questo aumento perche’ la valuta si deprezzo’. Ma senza la capacita’ di porre rimedio a quella situazione, l’aumento di anidride carbonica risulto’ mortale, perche’ il diaframma doveva funzionare per un’economia agricola in crisi e per una economia cittadina improduttiva, per cui l’economia dell’Uruguay collasso’.

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L’assurdita’ delle valute nazionali

Posted by janejacobs su agosto 13, 2008

 

Le valute nazionali sono potenti meccanismi di controllo ma non sono in grado di generare politiche per correggere gli sbilanci dell’economia. Per usare ancora una capire meglio la situazione immaginiamo un gruppo di persone con diaframmi e polmoni propriamente funzionanti ma che hanno solo un solo sistema respiratorio. In questo goffo arrangiamento, il centro respiratorio riceverebbe il controllo complessivo del livello di anidride carbonica di tutto il gruppo senza discriminare fra gli individui che la producono. il diaframma di ciascuno quindi si troverebbe costretto a contrarsi allo stesso momento. Ma supponiamo che alcuni di queste persone dormano, mentre altre stiano giocando a tennis. Supponiamo che alcune stiano leggendo un libro mentre altri stiano tagliando della legna. Qualcuno dovrebbe fermare la sua attivita’ e dedicarsi ad un’attivita‘ diversa che si conformi a quella dell’altro. Peggio, supponiamo che alcuni stiano nuotando ed altri si stiano tuffando e per qualche motivo, ad esempio per l’infrangersi di un’onda sulla riva, quest’ultimo non possa controllare la propria apnea. Il tuffatore morirebbe ed il nuotatore morirebbe di conseguenza per la morte del tuffatore.

Tale assurda situazione non esiste in natura perche’ non durerebbe. Non esistono nemmeno meccanismi cosi’ assurdi progettati dagli uomini che regolino il funzionamento di multipli ingranaggi con un solo sistema informativo e di controllo meccanico, chimico o elettronico; macchine progettate cosi’ male non funzionerebbero.

Le nazioni, da questo punto di vista, non funzionano meglio, tuttavia esse esistono. Anche se intellettualmente pretendiamo che lo siano e compiliamo statistiche su basandoci su questa goffa premessa, le nazioni sono difettose da questo punto di vista perche‘ non sono unita’ economiche discrete. Le nazioni includono fra le tante cose diverse economie cittadine che hanno bisogno di correzioni in tempi diversi e che tuttavia condividono la stessa valuta. L’informazione che arriva dalle valute nazionali e’ un’informazione di pochissimo valore perche‘ riguarda il commercio con l’estero della nazione e non il commercio di una citta‘ con un’altra. Tuttavia, questo meccanismo di controllo ha un grande potere.

Le citta‘ sono le unita’ discrete dell’economia che possono rimpiazzare le importazioni con quello che producono e le unita’ specifiche che generano flussi di nuove esportazioni. E’ inutile supporre che le compilazioni statistiche amorfe ed indifferenziate delle economie di intere nazioni possa svolgere questa funzione, perche‘ in realta‘ non la svolgono.

In teoria, nel tempo in cui le esportazioni di una citta‘ vanno bene, essa ha bisogno di ricevere un grande volume ed una grande gamma di prodotti importati, specialmente da altre citta‘, perche‘ i guadagni provenienti dalle importazioni sono il sale che la cita’ deve guadagnare per il vitale processo di rimpiazzare le importazioni. Al contrario, in un tempo in cui le sue esportazioni sono in declino, le importazioni dovrebbero idealmente diventare care perche‘ per sfuggire al declino derivante dalla diminuzione delle esportazioni una citta‘ ha disperatamente bisogno di rimpiazzare un vasto numero di importazioni con produzioni locali. Ha anche bisogno di un enorme stimolo per cercare di produrre nuovi tipi di esportazioni. In altre parole, con la diminuzione delle esportazioni una citta‘ ha bisogno di avere una valuta che si svaluti e che funzioni come un dazio automatico e come un sussidio all’esportazione automatico – ma solo fino a quando sia necessario. Una volta che le esportazioni andranno bene, la cittaavra‘ bisogno di una valuta che si apprezzi per guadagnare il massimo volume e la massima varieta’ di importazioni che puo‘. Le valute di singole citta‘ servono come elegante meccanismo di controllo perche‘ innescano le opportune correzioni.

Questo e’ un vantaggio incluso per molte citta‘-stato. Singapore e Hong Kong, che oggi sono delle rarita‘, hanno le loro valute quindi possiedono questo vantaggio incluso. Le loro valute servono a queste funzioni quando ve ne e’ il bisogno, ma solo quando ve ne e’ bisogno. Detroit, d’altra parte, non aveva questo vantaggio, Quando le sue esportazioni iniziavano a ridursi, non otteneva nessun messaggio dai meccanismi di controllo provenienti da Washington. E quindi Detroit continuava a Declinare sempre di piu‘, sempre piu‘ velocemente, senza correzioni.

 

Continua…

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