Le cittá sono la ricchezza delle nazioni

Un nuovo modo di vedere l’economia

Archive for the ‘m. Il dilemma’ Category

La secessione della Norvegia

Posted by janejacobs su gennaio 23, 2009

 

Nessuna nazione modello e’ attualmente predisposta alla possibilita’ teorica della moltiplicazione di sovranita’ come alternativa alle transazioni del declino. La separazione della Norvegia dalla Svezia nel 1905 era un passo parziale in quella direzione perche’ Svezia e Norvegia non erano ancora impaludate in un sistema di transazioni del declino.

 

Quella scelta non dipese dalla Svezia, ma dalla Norvegia del diciannovesimo secolo, che era allora un paese molto povero e rifiuto’ ogni assistenzialismo dalla piu’ ricca Svezia e insistette per supportarsi solo con le proprie risorse finanziarie.

 

La Svezia, per parte sua, anche se non accetto’ di buon grado la separazione della Norvegia, non ricorse alla forza militare pre prevenire tale separazione; e in seguito, mentre la Norvegia si sviluppo’ economicamente, commercio’ con essa senza erigere barriere o limitazioni protezioniste. Tuttavia, la Svezia non continuo’ l’esperienza di sucesso della Norvegia con altre divisioni e separazioni come alternative a diverse transazioni del declino.

 

Al contrario: ironicamente, nella misura in cui la Svezia e’ diventata uno stato modello, cio’ che e’ stato copiato non e’ stato il modello di aver sperimentato, almeno per una volta nella sua storia, un’ alternativa ad una transazione del declino, ma piuttosto le transazioni assistenzialiste al suo interno.

 

La Svezia promuove il commercio fra nazioni avanzate e nazioni arretrate fornendo regalie, prestiti a fondo perduto e continui investimenti in regioni forntrici di beni primari attraverso le sue multinazionali.

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Stati Modello Comunisti e leader militari

Posted by janejacobs su gennaio 22, 2009

Gli stati modello del passato sono stati cosi’ insoddisfacenti in tutte le loro varie manifestazioni, che oggi, per attrarre il favore popolare, basta promettere un nuovo modello di Stato, senza spiegare come questo modello permettera’ di raggiungere prosperita’.

 

Per questo motivo la Cina Maoista attraverso’ un breve periodo di popolarita’ fra i paesi in via dei Sviluppo del Terzo Mondo, anche se il suo ruolo di stato modello era semplicemente basato su desideri di uguaglianza, retorica e zelo, non su politiche di sviluppo che si dimostrassero realizzabili almeno per un breve periodo. Mao era un leader militare di enorme successo ma come economista fu un disastro, cosi’ come numerosi leader militari furono un disastro dal punto di vista economico perche’ vedevano l’economia come un esercito comandabile dall’alto o dal centro, non come un organismo che si sviluppa secondo dinamiche intrinsecamente naturali.

 

Forse e’ per questo che le arti militari derivano dalla caccia e dalla distruzione della vita, mentre l’economia deriva dalla creazione e dallo scambio. Molte ipotesi, intuizioni e virtu’ che funzionano molto bene in guerra, sono dannose all’economia, e viceversa.

 

L’Unione Sovietica e la Cina di Mao hanno dimostrato come i governi che dipendono esageratamente da transazioni del declino fanno fatica a restare uniti. Qualunque ricchezza le citta’ Sovietiche e Cinesi creavano venivano prontamente trasferite per fornire sussidi ad altre parti della nazione. 

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Nazioni modello

Posted by janejacobs su gennaio 20, 2009

Luigi XIV

Sa mai nuovi stati sovrani nasceranno dalla disgregazione di grandi stati nazionali essi dovranno avere al loro interno vigorose citta’ o regioni deposito o almeno qualche centro proto-urbano capace di diventare una citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni.

Di tanto in tanto il mondo da vita a “stati modello”.

 

Sir George Clark, uno storico inglese specializzato in storia Europea del diciassetesimo secolo che noto’ che la monarchia di Francia sotto Luigi XIV divenne uno stato modello per gli altri stati Europei. Il modello di Luigi XIV fu adottato da Federico I, il primo re di  Prussia, quel regno che divenne il nucleo della moderna Germania dopo varie guerre di unificazione; e di Carlo II e Giacomo II della Gran Bretagna.

 

Dopo la Rivoluzione Gloriosa e l’esilio e la sconfitta degli Stuart, la Gran Bretagna divenne un nuovo influente stato modello ed il suo parlamento venne copiato in molte altre regioni. In realta’, i parlamenti di Islanda e dell’Isola di Man sono piu’ vecchi di quello britannico, ma queste unita’ politiche non fornirono un modello per altri stati.

 

La nascita degli Stati Uniti come una nuova e prospera repubblica ne fecero un influente stato modello, e sotto certi versi, e’ stato un modello anche per la creazione dell’Unione Europea, che al tempo della sua formazione venne spiegata alle sue popolazioni come “Stati Uniti d’Europa”. Fino a poco tempo fa, molte figure di spicco dell’America Latina o dell’Africa potevano guadagnarsi una reputazione di lungimiranti statisti prospettando gli Stati Uniti di questo o gli Stati Uniti di quello.

 

Il successo di Lenin e dei suoi seguaci nel rimuovere il vecchio regime zarista e nell’insediare un potente governo socialista, fece dell’Unione Sovietica un paese modello per quasi un secolo.

 

La Svezia, paese che ha uno straordinario sistema di trasferimenti pubblici e sussidi domestici, e’ per molti un altro stato modello.

 

 Continua…

 

 

Posted in citta', m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , | 1 Comment »

Nazioni figlie della guerra e del sangue

Posted by janejacobs su gennaio 19, 2009

Giuseppe Garibaldi

 

A parte qualche rarissima eccezione, le nazioni di oggi nacquero inizialmente tramite  sanguinosi interventi militari. Molte nazioni sono ancora tenute assieme solo grazie alla minaccia di un intervento militare. Per usare l’antica mitologia, possiamo dire che le nazioni di oggi non discendono dal dio fabbro Vulcano, o dal dio dell’informazione e delle medicina Mercurio, ne’ tanto meno dalla dea Cerere, madre della fertilita’ e dell’abbondanza e infatti esse non sono ne’ fertili ne’ producono risorse a sufficienza, anzi, i piu delle volte le distruggono.

Le nazioni si comportano tutt’al piu’ come discendenti di Marte, figlie della guerra e del sangue, e curiosamente molti dei loro cittadini adorano le loro nazioni per il fatto di essere figlie di Marte.

Il misticismo delle nazioni e’ potente perche’ molto spesso si ispira al sacrificio di vite umane. Tradire una nazione e la sua unita’ sarebbe come tradire tutto il sangue versato in passato sarebbe come vanificare il sacrificio di molte vite umane; soprattutto rinnegare questi sacrifici solo per stare meglio dal punto di vista economico e le piu’ gloriose pagine della storia patria sembrerebbe una follia.

Tutti i governi nazionali e la maggior parte dei loro cittadini preferirebbero decadere e declinare uniti rispettosi dei sacrifici con cui la loro unita’ e’ stata vinta piuttosto che prosperare e svilupparsi disuniti.

Anche i separatisti, quando arrivano al potere nei governi nazionali, resistono aspramente ad ogni tentativo di secessione. Questo e’ il motivo per cui la secessione e’ un’alternativa al declino buona solo dal punto di vista teorico. Non esiste una formula magica che consente alle nazioni piccole o alle divisioni in piccoli stati di grandi stati nazionali di prosperare solo in virtu’ della loro piccola dimensione, in particolare quando tali divisioni sono l’ultima spiaggia dopo molti disturbi economici e politici. Il mondo e’ pieno di piccoli stati dalle economie stagnanti che sono frammenti ti imperi antichi e moderni andati in frantumi. La mia proposta di secessione e’ utopistica e non e’ sufficiente a sostituire il libero commercio che le citta’ devono abbracciare per poter accrescere le proprie economie e consentire ad altre citta’ di crescere. La secessione non e’ nemmeno un sostituto allo spirito creativo ed imprenditoriale delle citta’.

La secessione e’ una virtu’ piuttosto che potrebbe servire per prevenire o evadere il declino e la decadenza quando le nazioni restano tenute insieme solo grazie a transazioni del declino. Pertanto, una secessione dovrebbe essere invocata prima che le transazioni del declino abbiano incancrenito il tessuto economico nazionale al punto da non poter essere piu’ rimosse.

 

Continua…

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , , | 1 Comment »

Monete e sovranita’

Posted by janejacobs su gennaio 13, 2009

 
Il fiorino, antica moneta di Firenze

 

Il principale vantaggio, anche se non il solo, della suddivisione di uno stato nazionale in tante citta’-stato sarebbe la moltiplicazioni delle valute. Le difficolta’ tecniche ed i problemi che il moltiplicarsi delle valute comporterebbero sarebbero facilmente risolvibili, grazie ai computer, alle telecomunicazioni, alle carte di credito.

Attraverso la mia carta di credito posso ordinare libri provenienti da Londra, pagarli in sterline, posso ordinare camice da Boston e pagarli in dollari o semi da giardino dal Canada e pagarli in dollari Canadesi con la stessa comodita’ e praticita’.

La moltiplicazione delle valute sarebbe un bene per l’economia perche’ diverse valute rifletterebbero distinte economie. Le valute nazionali (o sovranzaionali di oggi come il mostruoso euro) hanno un valore fissato e mettono assieme mele, arance e cocomeri in un caos senza senso, causando recessioni permanenti e soffocando economie dove vivono milioni di persone.

La difficolta’ della suddivisione in vari stati sovrani risiede nel fatto che una moltepilicita’ di valute implica una molteplicita’ di stati sovrani. Se cosi’ non fosse, la moltiplicazione valutaria sarebbe una presa in giro come nel caso della sterlina Scozzese, che e’ uguale in tutto e per tutto alla sterlina britannica a differenza della raffigurazione sulla banconota.

Questo tipo di discontinuita’ come alternativa ad una transazione del declino avverrebbe a spese dell’unita’ degli stati sovrani. Tale abdicaizone di sovranita’ risolverebbe i problemi di intere societa’, culture, civilizzazioni e citta’ a spese degli stati nazionali.

 

Continua…

 

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , | 1 Comment »

Secessione e riproduzione

Posted by janejacobs su gennaio 8, 2009

Esiste qualche tipo di intervento o discontinuita’ o qualche altro tipo di transazione del declino a cui le nazioni possano fare ricorso per arrestare l’inesorabile instabilita’ che contraddistingue le loro economie?

 

Una metafora usata da alcuni matematici per illustrare la il concetto di discontinuita’ e’ quella di un cane che, quando avverte un pericolo, l’unica cosa che non puo’ fare e’ restarsene fermo. Il cane deve fare qualcosa di radicalmente diverso: prepararsi ad attaccare o scappare. In un modo o nell’altro deve creare una discontinuita’.

 

Una nazione disorganica che entra in fasi sempre piu’ prolungate di recessione e cha ha accumulato instabilita’ e stress e’ nella stessa situazione di discontiuita’ del cane in pericolo. La nazione non puo’ stare ferma, deve attaccare il problema creando transazioni del declino, oppure deve fuggire e lasciarsi il pericolo alle spalle.

 

Puo’ la nazione scappare dalle difficolta’ economiche quando esse diventano insolubili? Se si’ come puo’ farlo? E’ possibile che scappando, una nazione risolva le instabilita’ economiche e gli stress che si sono accumulati?

 

Sin da piccoli ci hanno insegnato che fuggire dai problemi non aiuta a risolverli. Tuttavia, nella vita reale talvolta scappare dai problemi e’ una soluzione, sia come suggerisce la metafora del cane che scappa davanti ad un pericolo, sia come spesso ci suggerisce la nostra esperienza di vita. Quante volte abbiamo risolto un problema evadendolo? Quante volte rimpiangiamo di non aver evaso un problema quando eravamo ancora in tempo?

 

L’equivalente della fuga per un’unita’ politica sovrana e’ quello di resistere alla tentazione di iniziare transazioni del declino con sussidi assistenziali e spese militari evitando di mantenere unita la nazione. La discontinuita’ radicale sarebbe la divisione di una singola entita’ nazionale in una famiglia di piccoli stati sovrani, non quando le cose hanno raggiunto uno stato inguaribile di degrado e di discontento, ma prima, quando le cose vanno relativamente bene.

 

In una societa’ nazionale, la moltiplicazione di stati sovrani sarebbe un accompagnamento normale, non traumatico dello sviluppo economico in se’ e aumenterebbe la complessita’ della vita economica e sociale. Alcuni piccoli stati sovrani a loro volta si dividerebbero ulteriormente, si riprodurrebbero allo stesso modo in cui si riproducono le cellule di un organismo.

 

Una nazione che si comporta in questo modo sostituirebbe all’istinto di sopravvivenza della propria entita’, un’altro istinto che e’ presente nel mondo umano e animale: quello della riproduzione. In questa fantasia utopistica, giovani stati sovrani si dividerebbero dalla nazione madre che direbbe loro, come un padre ai suoi figli:

 

“Buona fortuna a te e alla tua indipendenza! Ora vai e fai del tuo meglio per generare o mantenere citta’ e regioni creative e tutti noi staremo meglio. Noi non ti discrimineremo erigendo barriere e tariffe al commercio e anche se tu dovessi erigere barriere al commercio contro di noi, noi tollereremo questo atteggiamento senza rancore.”

 

Continua…

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Recessione, assistenzialismo e recessione

Posted by janejacobs su gennaio 6, 2009

Le nazioni o gli imperi non recessione per loro scelta. Esistono particolari circostanze che sono intrinseche nei territori e che non possono cambiare, per quanto i governi si oppongano. Il Giappone Centrale deve fornire sussidi assistenziali al Giappone Settentrionale e al Giappone Meridionale perche’ e’ li’ che si sono differenze economiche e perche’ se i Governo Centrale non fornisse sussidi tali differenze aumenterebbero e gli standard di vita ed i servizi pubblici nelle aree arretrate sarebbero cosi’ diversi da diventare politicamente e moralmente inaccettabili. Il Nord Italia fornisce aiuto al Sud perche’ il bisogno del Sud e’ cosi’ grande che lo Stato Italiano deve organizzare tali sussidi per combattere il possibile collasso di una gran parte del Paese. La Germania aiuta le regioni agricole Francesi perche’ se non lo facesse, l’Unione Europea si distruggerebbe e la Francia insiste sui sussidi come condizione della sua appartenenza all’Unione Europea perche’ altrimenti non sarebbe in grado di contenere la rabbia dei suoi contadini o il desiderio di separatismo nel Sud del Paese. Il Canada tiene a bada i separatisti del Quebec attraverso sussidi pubbilci cosi’ come gli Inglesi hanno fatto con gli Scozzesi. I pensionati hanno bisogno delle pensioni; i villaggi economicamente morti e le citta’ stagnanti hanno bisogno di sussidi pubblici. Le citta’ degli Stati Uniti Sud Occidentali hanno prosperato mentre quelle del Nord sono cadute in disgrazia, grazie ai sussidi procurati da continui lavori militari e ad altre forme di sussidi domestici.

Tuttavia, queste transazioni del declino non risolvono nulla, ne’ in Giappone, ne’ in Italia ne’ in Francia, ne’ in Canada ne’ negli Stati Uniti. La mancanza di citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni nelle regioni povere di questi paesi e’ la vera causa dell’arretratezza di queste regioni e non esiste al mondo sussidio in grado di ovviare economicamente a questa mancanza.

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »

Il carico e le capacita’ delle nazioni

Posted by janejacobs su gennaio 2, 2009

Un gruppo di scienziati politici associati con il Centro di Ricerca dell’Universita’ di Princeton sulle Istituzioni Politiche Mondiali ha studiato la dissoluzione o disintegrazione di unita’ politiche sovrane – nazioni, imperi, confederazioni – accaduti in tempi recenti o nel passato.

 

L’oggetto di tale studio era di determinare quali sono le forze comuni, se ce ne sono, che portano alla disintegrazione politica. I ricercatori di Princeton hanno concluso che il “carico” sopportato dalle unita’ politiche fallite e’ aumentato, mentre allo stesso tempo le sue “capacita’” sono diminuite. Ma quali sono il “carico” e le “capacita’” in concreto? 

 

“Eccessivi impegni militari” erano identificati come un fattore che aumentava inevitabilmente il “carico”. I ricercatori hanno definito “eccessivi” gli impegni militari continui e prolungati, sottolineando che storicamente, brevi guerre prese singolarmente, non hanno portato alla dissoluzione politica (anzi al contrario spesso l’espansione territoriale effettuate attraverso brevi guerre di espansione che ha portato all’intensificazione dell’unita’ politica) ma il peso di impegni militari prolungati ha spesso presagito al fallimento politico e alla disintegrazione. Le altre due maggiori componenti di “carico” per le nazioni sono i “sostanziali aumenti della partecipazione politica per conto della popolazione, delle regioni o degli strati sociali che prima erano politicamente passivi” e la consapevolezza politica di “differenziazione etnica o linguistica” fra i gruppi regionali all’interno di una nazione. Ciascuno di questi, naturalmente, porta all’uso di sussidi assistenziali o alle forze che generano il discontento.

 

Per quanto riguarda la riduzione delle “capacita’” che portano alla disgregazione delle nazioni, la principale e’ stata definita come la “prolungata stagnazione economica”. Dobbiamo ricordare che le nazioni o gli imperi si trovano in una situazione di recessione economica per una loro scelta. Esistono particolari circostanze che sono intrinseche nei territori e che non possono essere modificate nemmeno dal piu’ potente degli imperi.

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Fare sistema

Posted by janejacobs su dicembre 30, 2008

Che cosa vuol dire fare sistema? Vuol dire che una nazione si impegna in transazioni del declino, che si  impegna a fare la carita’, come suggerisce l’immagine simbolica riportata qui sopra. Vediamo brevemente qualche esempio nella storia e analizziamo poi il processo di fare sistema.

 

Quando le nazioni sperimentano un rapido sviluppo economico, le fasi di recessione non arrestano il processo di creazione della della ricchezza nel medio e nel lungo periodo. E’ stato cosi’ in Gran Bretagna, ad esempio, durante la sua rapida espansione industriale nel XVII secolo. E’ stato cosi’ anche negli Stati Uniti fino agli anni della Grande Depressione degli anni ’30 del secolo scorso. E’ stato cosi’ anche in Giappone per i trent’anni che fecero seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Ed e’ cosi’ oggi per molte piccole nazioni che si affacciano sull’Oceano Pacifico e per la Cina  e per l’India.

 

Se ammettiamo che i cicli economici sono causati dal proesso cittadino di rimpiazzo delle importazioni, allora l’apparire di inarrestabili depressioni a livello nazionale significherebbe che le citta’ di una nazione, prese nel loro insieme diventano deboli e incapaci di rimpiazzare le importazioni simultaneamente; il gruppo perde la sua vitalita’. In questo caso dobbiamo anche aspettarci una stagflazione, quel fenomeno economico caratteristico delle economie povere e arretrate, dal momento che una nazione in cui le economie cittadine si arrestano diviene povera e arretrata.

Profonde ed inarrestabili depressioni internazionali sono  sintomi che le citta’ in molte nazioni perdono vitalita’. Questo e’ un messaggio che riceviamo crescenti riserve di beni agricoli e materie prime che aspettano di essere trasformati e consumati di mercati cittadini; da imprese cittadine insufficienti ad accogliere le domande per nuovi lavoratori provenienti dalle zone arretrate; da lavori cittadini insufficienti per gente che ha abbandonato la terra o che e’ stata cacciata da essa.

 

Le depressioni quindi si aggiungono alle instabilita’ economiche e agli stress accumulati nelle nazioni con il passare del tempo. Se non si fa nulla contro l’accumulazione di instabilita’, e lascia continuamente che il discontento e la rabbia si accumulino, una nazione puo’ soccombere ai questi stress e diverrebbe incapace di gestire una politica unitaria.

Le transazioni del declino sono tipici rimedi a cui una nazione fa ricorso in questi casi. Come tutte le biforcazioni, queste transazioni sono conseguenze di instabilita’ che si sono accumulate in precedenza. Una volta che capiamo questo, possiamo comprendere che le relazioni fra nazioni e le loro citta’ avvengono in due diversi momenti. Nel primo momento, le instabilita’, i fallimenti, le ineguaglianze e le disparita’ gradualmente si accumulano a causa di meccanismi di controllo fornito alle citta’ da parte delle nazioni. In un secondo momento, le transazioni del declino eliminano temporaneamente le instabilita’ accumulatesi. Nel primo momento le nazioni sono ambienti causali per le citta’. Nel secondo momento diventano un ambiente letale.

 

Consideriamo la piaga che questo processo crea per le nazioni e per le citta’. Per svilupparsi e per continuare a crescere, le nazioni hanno bisogno di un numero sufficiente di citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni. Non sono sufficienti regioni che producono materie prime, regioni spopolate, regioni che abbondano di manodopera, regioni in cui i trapiantano industrie da citta’ lontane, ne’ artificiali citta’ regione come la TVA, ne’ citta’ con un’economia in stagnazione. Affinche’ le nazioni diventino un sistema, esse devono drenare risorse dalle citta’ in favore di transazioni del declino e devono ridurre il commercio rischioso fra citta’ in favore di insediamenti che forniscano alle citta’ cio’ che esse non riescono a rimpiazzare. In risposta a queste transazioni, le citta’ decadono. La decadenza riduce la ricchezza e la capacita’ di svilupparsi individualmente e come rete di citta’ e come nazione nel suo completo. Alla fine, si le citta’ che la nazione cadono in rovina.

 

Continua…

 

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , | 2 Comments »

Stati Divisi d’America

Posted by janejacobs su dicembre 29, 2008

Secondo il Professor Igor Panarin c’e’ una probabilita’ del 50% che gli Stati Uniti d’America entro due anni si disgregheranno e diverranno gli Stati Divisi d’America. Panarin prevede che le tendenze economiche, finanziarie e demografiche in atto negli USA provocheranno una crisi politica e sociale senza precedenti. Quando la recessione si inasprira’, gli Stati USA piu’ ricchi vorranno versare meno fondi al governo Federale e cio’ portera’ alla secessione. Panarin non esclude la possibilita’ di una guerra civile, gli Stati Divisi d’America si divideranno in base a diverse etnie e all’influenza delle potenze straniere.

La California formerebbe il nucleo della “Republica Californiana” e sara’ influenzata dalla Cina o dal Giappone. Il Texas sara’ il nucleo della “Repubblica Texana”, influenzato dal Messico. Washington e New York diventeranno parte dell’America Atlantica e potrebbero unirsi all’Unione Europea. Il Canada potrebbe espandersi negi Stati Centro Settentrionali e l’Alaska, dopo circa 150 anni, tornerebbe alla Russia.

Pagarin sostiene che Washington stia perdendo il suo prestigio a causa dell’enorme debito pubblico e della crisi finanziaria partita dagli USA e che la Cina e la Russia usurperanno il ruolo di guida che fino ad ora ha avuto Washington nel regolare i mercati finanziari internazionali.

Al momento le teorie di Panarin vengono derise a Washington, ma Panarin cita un curioso precedente. Nel 1976, dice Panarin, il Francese Emmanuel Todd predisse la dissoluazione dell’Unione Sovietica 15 anni prima che la dissoluzione avvenisse e molti risero di lui.

La mappa qui sotto, riportata dal Wall Street Journal, mostra come Panarin immagina gli Stati Uniti fra qualche anno.

[Igor Panarin]

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , , | 2 Comments »

Cosa causa i cicli economici?

Posted by janejacobs su dicembre 28, 2008

In aggiunta all’instabilita’ e agli stress che si accumulano in una nazione a causa delle regioni il cui sviluppo economico e’ costantemente bloccato, un numerro crescente di instabilita’ e stress si accumulano a causa delle severe depressioni che esagerano i cicli economici negativi rendendo le recessioni piu’ profonde e piu’ prolungate.

 

Nessuno sa cosa causa i cicli economici, periodi di maggiore o minore prosperita’, ma se devo definire una causa, direi che sono gli effetti dei cicli di rimpiazzo delle importazioni, cosi’ come ogni altra cosa nella vita economica. Da un lato essi sono totalmente assenti nelle economie che sono trascurate dallo sviluppo cittadino, come nel caso del villaggio di Henry. I cicli economici si svolgono in economie urbanizzate e raggiungono le economie inerti in un secondo momento. Ad esempio la recessione negli Stati Uniti deprime i guadagni dei coltivatori di caffe’ Colombiani solo dopo qualche mese.

 

Una seconda ragione logica per supporre un legame fra cicli economici e citta’ che rimpiazzano le importazioni e’ che tali citta’ spesso hanno costruito in se’ cicli interrelati alla loro particolare crescita economica. Nei periodi in cui una citta’ rimpiazza un grande numero di prodotti importati in maniera rapida, come in una reazione a catena, la citta’ si espande in maniera esplosiva. Ma tipicamente questi episodi si alternano ad intervalli di minore espansione o  di stagnazione mentre la citta’ accumula importazioni potenzialmente rimpiazzabili che hanno il potenziale di creare simili reazoni a catena in futuro. E, naturalmente, se una citta’ che rimpiazza le importazioni diventa incapace nel tempo di continuare questo processo, essa non puo’ mantenere la propria economia aggiornata o mantenere un fondamento per generare nuove esportazioni che compensino per la perdita delle vecchie esportazioni, la sua economia si riduce e si contrae.

 

Se un’economia nazionale presa nel suo intero dovesse comportarsi come una singola e vigorosa citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni, essa non sarebbe comunque in grado di evitare i cicli economici, e se una singola citta’ perdesse vigore, le nazione non potrebbe evitare una recessione o una depressione.

 

Tuttavia, la maggior parte delle nazioni contengono piu’ di una citta’ e i blocchi di nazioni che commerciano fra loro contengono numerose citta’ in grado di rimpiazzare le loro importazioni. Citta’ vigorose, come una buona squadra di calcio, devono lavorare su diversi momenti del ciclo economico. In una nazione o blocco commerciale di nazioni con vitta’ vigorose, le citta’ individuali non hanno un’attivita’ economica sincronizzata, ma complementare. Una recessione in una nazione o in un blocco di nazioni risulterebbe in un periodo in cui meno citta’ del normale sono in grado di rimpiazzare le importazioni. Sarebbe un processo di sterminio se tutte le citta’ in gradi di rimpiazzare le importazioni, smettessero tale processo allo stesso momento.

 Continua…

 

 

 

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , | 1 Comment »

Le citta’ come squadre di calcio

Posted by janejacobs su dicembre 19, 2008

 

Le citta’ e le potenziali citta’ hanno due bisogni economici fondamentali. Gli imperi  e le nazioni di grandi dimensioni possono servire molto bene il primo di questi due bisogni, mentre danneggiano il secondo.
 

Il primo bisogno economico delle citta’ e’ quello di generare commercio con altre citta’. Un commercio instabile e rischioso. Ampie nazioni possono servire questo bisogno bene perche’ possono eliminare inutili barriere al commercio domestico. Pertanto, piu’ grande e’ una nazione e piu’ citta’ contiene, maggiori opportunita’ ci sono per il commercio. Citta’ stato come Singapore e piccole nazioni come Taiwan sono vulnerabili alle tariffe e alle barriere doganali che le grandi nazioni possono erigere contro di loro.

 
Se il libero scambio fra citta’ e potenziali citta’ fosse l’unico bisogno economico delle citta’, un unico governo mondiale sarebbe ideale e la maggior parte dei grandi imperi del passato e del presente sarebbero splendidi ambienti per lo sviluppo economico.

 
Ma imperi e governi globali in realta’ non sono mai stati ideali per lo sviluppo economico perche’ le reti di scambio fra citta’ sono un po’ come delle squadre di calcio. I giocatori hanno bisogno di una squadra, altrimenti non sono in grado di giocare, ma ogni giocatore ha bisogno di mantenere la propria tecnica e la propria abilita’ individuale. Se un numero sufficiente di giocatori perde tecnica e abilita’ individuali, la squadra perde.
 
Ed e’ proprio questo il secondo bisogno fondamentale delle citta’, il bisogno di mantenere la propria economia florida dal punto di vista cittadino, ognuna per se’. Le nazioni hanno una incapacita’ intrinseca di soddisfare questo bisogno.

Continua… 

 

 

 

 

 

 

 

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Nazioni e biforcazioni

Posted by janejacobs su dicembre 18, 2008

I matematici che si occupano di problemi complessi e controversi chiamano questo tipo di “pensieri” “biforcazioni”. Le biforcazioni sono contraddistinte dal fatto che non sono cause prime, ma risposte ad episodi di stress e di instabilita’ che si sono accumulati in precedenza; esse agiscono in maniera discontinua rispetto agli eventi che le precedono e lasciano lo stato delle cose su cui interagiscono radicalmente cambiato. Le nazioni sono sistemi intrinsecamente instabili.

 

Anche nella migliore e nella piu’ fortunata delle nazioni si accumulano molti disequilibri perche’ le citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni non riescono ad emergere e di volta in volta le citta’ decadono senza essere in grado di riprendere il bandolo della matassa della propria economia, e questo fenomeno finisce per aggiungere stress e danneggiare una nazione intera. Anche se le nazioni venissero amministrate da enti privi di egoismo, diciamo da degli angeli, tali stress e tali instabilita’ continuerebbero ad accumularsi; essi sono intrinseci nella natura dell’economia.

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Economia e vulcani

Posted by janejacobs su dicembre 17, 2008

 Le transazioni del declino sono interventi che cercano di provvedere ad una situazione economica inizialmente instabilie procurando un’iniziale stabilita’. Possiamo pensare a tali transazioni utilizzanto una metafora geologica. La crosta terrestre e’ fatta di zolle che lentamente si muovono e generano graduali instabilita’. Quando l’instabilita’ si accumula in misura eccessiva, essa raggiunge un punto di discontinuita’  e genera l’eruzione di un vulcano o un terremoto.

Un fenomeno molto simile e’ presente in economia. Un’impresa cittadina si trasferisce fuori citta’ le sue attivita’ perche’ si accumulano instabilita’ come un aumento del traffico, problemi di spazio o aumento dei costi . Tale impresa  sperimenta una forte discontinuita’. Se l’instabilita’ e gli svantaggi si accumulassero all’infinito, l’impresa potrebbe arrivare ad un punto di non ritorno.

Ma grazie alla discontinuita’ puo’ evitare di deteriorare indefinitamente. In alternativa, l’impresa puo’ salvarsi se viene investita da un episodio di rimpiazzo delle importazioni che elimina l’instabilita’ e rende l’impresa capace di generare maggior lavoro per le esportazioni.

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Perche’ il Giappone e’ in bancarotta

Posted by janejacobs su dicembre 10, 2008

Una conseguenza della mancanaza di citta’ in grado di rimpiazzare importazioni e’ che un’elevata proporzione di giovani in cerca di lavoro devono abbandonare queste regioni. In Giapone, ad esempio, nel tentativo di generare piu’ lavoro locale, gli amministratori delle zone arretrate del Nord e del Sud del Giappone si comportano in modo molto simile agli amministratori delle regioni povere di altri paesi al mondo. Essi competono per attrarre trapianti industriali da citta’ lontane, principalmente dal Giappone centrale ma anche dall’estero. Proprio come succede all’estero, la domanda di trapianti industriali da citta’ lontane supera l’offerta.
In realta’, la gente del Nord del Giappone e del Sud del Giappone stanno molto meglio economicamente di quanto non stessero in passato. Cio’ nonostante, queste sono economie povere rispetto a quelle del Giappone centrale e sono rimaste tali negli ultimi anni. I loro amministratori rilevano che per qualche motivo misterioso lo sviluppo ha escluso le loro regioni.

Ed e’ andata proprio cosi’. La soluzione, naturalmente, sarebbe l’emergere di citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni anche in queste regioni. Ma questo non e’ accaduto, e con il passare del tempo, sembra sempre piu’ improbabile che possa accadere. Lle citta’ con il potenziale di rimpiazzare le importazioni nelle regioni arretrate avrebbero bisogno di dazi sui prodotti importati dalle citta’ avanzate del Giappone centrale, proprio come le citta’ del Giappone centrale si avvantaggiarono dei dazi che imposero ai paesi stranieri mentre si dotavano della capacita’ di rimpiazzare le importazioni estere.

Se le regioni del Giappone del Nord e del Sud avessero le loro proprie monete avrebbero automaticamente la possibilita’ di avere tariffe e sussidi alle esportazioni. Se le loro esportazioni agricole distorcessero troppo il valore di quelle valute, come accadde per le esportazioni di seta quando il Giappone comincio’ il suo processo di modernizzzazione, allora ci vorrebbero anche vere e proprie tariffe. Tuttavia, monete specifiche e tariffe implicherebbero nuovi stati sovrani, una famiglia di stati sovrani Giapponesi invece di un unico stato sovrano Giapponese. L’arrangiamento attuale di unico stato sovrano impica che queste regioni devono rimanere permanentemente arretrate rispetto a quelle del Giappone centrale. Anche se ho usato l’esempio del Giappone, la stessa analisi si puo’ applicare a tutti cli stati che consisono di citta’ e aree metropolitane e di regioni perennemente arretrate in cui non riescono ad emergere citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni.

In Giappone, come altrove, le disparita’ regionali causano scontento e lasciano una sensazione che lo stato deve correggere le ineguaglianze in un modo o nell’altro. La risposta del governo giapponese, e della maggior parte dei governi nazionali e’ di fornire sussidi assisetnziali alle regioni periferiche ed arretrate. Da qui vediamo come le nazioni spesso iniziano transazioni di declino constinue. Esse mitigano le ineguaglianze, ma non eliminano le cause della disuguaglianza.

Fra gli anni cinquanta e gli anni settanta, i livelli di tassazione in Giappone venivano ridotti di anno in anno. In quel periodo la produzione di ricchezza era superata dalla domanda di risorse del governo nazionale. Ma dal 1977, il livello di tassazione Giapponese ha iniziato ad aumentare aumentando il deficit ed il debito pubblico Giapponese; questo e’ un segnale che il governo Giapponese spende piu’ di quanto il paese non riesca a produrre. Gli aumenti di spesa sono andati a pagare sussidi sociali assistenziali, sussidi agricoli, prestiti a fondo perduto e sussidi assistenziali al sistema ferroviario nazionale.Mentre i Giapponesi hanno iniziato ad aumentare i sussidi domestici rapidamente, essi hanno anche promosso il commercio con paesi piu’ arretrati, ma non solo per importare le materie prime edi i beni agricoli importati in Giappone, ma anche per vendere a queste nazioni i manufatti giapponesi utilizzando lo strumento del credito. Le citta’ del Giappone centrale, ottengono in cambio ricavi delle vendite da esportazione per economie arretrate che non sono in grado di rimpiazzare con la propria produzione quello che ricevono. La promozione di questo tipo di transazioni commerciali a vicolo cieco e’ diventata necessaria in Giappone, come nelle citta’ avanzate di altri paesi, proprio perche’ le citta’ del Giappone centrale possono trovare pochi altri partner commerciali che abbiano lo stesso grado di sviluppo e di vigore economico sia a livello nazionale che a livello internazionale. Ma ancora, una volta imbarcatisi in transazioni del declino, non si affrontano le cause dei problemi. Tali transazioni rendono le economie arretrate ancora piu’ inerti e dipendenti, anziche’ renderle in grado di svilupparsi da se’.

La storia non si ripede nei dettagli, ma ci sono caratteristiche della storia economica che si ripetono continuamente e paiono quasi essere leggi da cui non si scappa. Se queste caratteristiche funzionano come leggi, possiamo anticipare che il Giappone, con il passare del tempo, verera’ sussidi sempre maggiori alle sue regioni arretrate, promuovera’ sempre piu’ il commercio fra citta’ avanzate ed aree arretrate, e aumentera’ la propria produzione militare. Per quanto questo possa sembrare improbabile, visto il pacifismo del Giappone, e’ possibile che le spese militari del Giappone (forse anche dietro la spinta USA) arrivino a toccare il 2.5% della ricchezza nazionale.

Possiamo anche anticipare, se le caratteristiche-leggi storiche si ripeterannoche il Giappone iniziera’ vari tipi di transazioni del declino e ristagnera’ anziche’ continuare a crecere grazie alla sua creativita’.

Se fra cento anni gli storici cercheranno una data in cui segnare il declino Giapponese, forse troveranno che il 1977 e’ la data approrpiata. Una simile data per gli Stati Uniti du il 1933, quando la nazione iniziao’ a combattere la continua poverta’ del Sud attraverso sussidi assistenzialisti, e poi attraverso un sistema di produzione miliater continua. Dopo 50 anni di queste transazioni del declino, le citta’ Americane hanno iniziato a dipendere da questi tipi di transazioni anziche’ della creativita’ delle sue citta’ che i ono stimolate a vicenda attraverso il commercio.

 

Continua…

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , | Leave a Comment »

Disparita’ Giapponesi

Posted by janejacobs su novembre 26, 2008

Kagoshima, la Napoli del Giappone
Anche se il Giappone e’ una nzione ricca, e’ afflitta da ineguaglianze fra diverse regioni. Il Giappone centrale possiede citta’ creative in grado di rimpiazzare le importazioni e le loro aree metropolitane con economie ben diversificate come quella di Shinohata . Tuttavia, le cose vanno diversamente per le isole del Nord e del Sud del Giappone, che formano una larga parte del Paese, contengono una larga percentuale delle popolazione e sono piene di villaggi, paesi e anche di alcune citta’. Queste citta’ periferiche sono diverse dalle citta’ del Giappone centrale. Esse non sono state in grado di rimpiazzare gran parte delle importazioni, che provengono principalmente dal Giappone centrale. Poiche’ non hanno citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni, esse non hanno generato aree metropolitane. Ne segue che queste regioni periferiche non producono vaste e diversificate gamme di beni per i propri produttori, consumatori o per i produttori e consumatori di altre citta’. Quindi, non spingendosi ad acquistare nuove importazioni mentre non se ne rimpiazzano ampie porzioni di quelle vecchie, queste regioni periferiche sono mercati poso importanti per le esportazioni innovative del Giappone centrale.
Queste sono le regioni del paese che (sorpresa!) pressano il governo centrale per mantenere tariffe nazionali sui beni agricoli. Le economie dei paesi e dei villaggi sono molto meno complesse, diversificate e ramificate di quella della piccola Shinohata. Anche l’agricoltura su queste isole e’ meno diversificata perche’ manca loro il commercio con citta’ in grado di rimpiazzare le importazioni, che sono sempre alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi metodi per produrli.

Posted in m. Il dilemma | Contrassegnato da tag: , , , | 1 Comment »