Gli amministratori di Catanzaro sostengono che la loro citta’ abbia perso peso politico e prestigio, sia in crisi d’identità, sia in una fase di impoverimento progressivo e attraversi un forte disagio sociale. Le autorita’ locali ritengono che tale disagio dipenda dalla mancanza di un credibile progetto di sviluppo, da una situazione locali asfittica in cui la mano pubblica non ha saputo offrire potenzialità di sviluppo, dalla mancanza di infrastrutture di collegamento e dalla disaffezione dei cittadini nei confronti della città .
Quanto e’ costata questa curiosa sopraelevata?
Pertanto il Comune di Catanzaro ha lanciato un “piano strategico” per la citta’ di Catanzaro che si propone la costruzione di nuove strade, ferrovie ed aeroporti nella speranza che nuove infrastrutture portino nuove imprese e nuova ricchezza. Il linguaggio del piano strategico e’ un capolavoro di moderno e inconcludente politichese, con tanto di “effetti volano”, “logiche bottom up e top down” e altre parole ad effetto che fanno guadagnare tanti soldi ai consulenti delle amministrazioni pubbliche nell’Italia di oggi scrivendo tante cose senza dire quasi nulla (scaricalo qui il documento). Gli amministratori vogliono creare commissioni e comitati di studio, per creare nuovi processi, nuove strutture burocratiche in grado di mantenere posti di lavoro, magari pagati profumatamente.
E’ illusorio augurarsi che il piano strategico delle infrastrutture di Catanzaro avra’ una sorte migliore della Salerno Reggio Calabria, l’autostrada in costruzione da tempi immemorabili. Ma anche ammesso che Catanzaro riuscisse miracolosamente a dotarsi di infrastrutture in breve tempo e senza infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, siamo sicuri che basterebbero un paio di autostrade, di ferrovie e un aeroporto a portare ricchezza alla citta’ di Catanzaro?
Periferia pericolante
In fondo cosa offre Catanzaro se non una storia di decadimento pluri secolare che trae le sue origini dall’inizio della dominazione Spagnola in Italia e che pare non avere avuto mai fine?
Come gran parte della Calabria, Catanzaro è una citta’ piena di rovine. Nelle sue contrade giacciono seppellite sotto a frantumi d’ogni genere di civilta’ perdute. Catanzaro, come il resto del popolo calabrese vive su tante macerie. Tutti i grandi agenti di distruzione umani e naturali hanno concorso a danneggiare questa citta’.
Ma ci sono regioni al mondo attraversate da simile calamita’ naturali e invasioni che hanno saputo reagire. Il Giappone ad esempio e’ una zona attraversata da sismi potenti almeno quanto quelli della Calabria e inoltre e’ periodicamente distrutto da maremoti ed eruzioni vulcaniche. Non si puo’ dire che i bombardamenti americani contro il Giappone durante la seconda guerra mondiale siano stati meno distruttivi delle invasioni subite dalla Calabria. Ma il Giappone e’ la seconda economia mondiale. Mentre la Calabria e’ la regione piu’ povera dell’Europa Occidentale (vedi qui).
Nonostante l’Europa e l’Italia abbiano versato alla Calabria svariati miliardi di Euro in aiuti alla Calabria e a Catanzaro, la regione e la citta’ sono un cimitero d’opere pubbliche fermate a metà.
Aperto nel 2002, il Politeama sara’ ristrutturato nel 2009
Almeno fin dai terremoti del 1638, 1659, 1783 e poi da quelli dell’Ottocento a Catanzaro parte del paesaggio urbano e’ stato contrassegnato da baracche che rimanevano sempre troppo a lungo senza che abitazioni solide venissero costruite per la popolazione. Le baracche hanno fatto parte del paesaggio, del territorio, della vita e della mentalità della popolazione. Ancora oggi alcuni rioni sono costituiti da baracche ristrutturate e rafforzate con cemento. Catanzaro, come quasi tutta la Calabria dà sempre l’impressione d’una terra pericolante e in continua riparazione. Ma le riparazioni sono precarie e fragili. Lo stato spende molto ma non lascia opere solide che possano cercare di sfidare l’instabilità geologica di questa terra. Tutto si può aspettare all’infinito. Tutto sembra determinato dalla provvisorietà, dall’idea che nulla è durevole. Tutto viene lasciato al caso. La gente cova un permanente senso di precarieta’ dovuto alla storia di terremoti, frane, alluvioni, invasioni, mobilità, nomadismo, abbandoni di paesi. Tale precarietà e’ diventata nel tempo anche un tratto significativo del paesaggio urbano di Catanzaro espressione di una terra di mille progetti finanziati e mai realizzati, di dighe incompiute, di piani regolatori sempre approvati e mai attuati.
E mentre nel passato l’incompiutezza appare strettamente connessa alla precarietà della vita quotidiana e a vicende catastrofiche, oggi appare legata piuttosto ad arricchimenti facili, a clientele che prosperano, a strategie dei gruppi dominanti. In una terra sempre mobile e pericolante, la filosofia del pubblico intervento ha finito col perpetuare il potere delle élite economiche e politiche.
In una terra dove i poveri spesso si davano al brigantaggio per sopravvivere, i briganti ormai si sono saldati con le classi dirigenti in una grande associazione a delinquere a danni dei cittadini Italiani, in particolare ai danni dei cittadini Italiani di Calabria.
I briganti esistevano almeno dai tempi dei Borboni. Gia’ nel 1831 Ferdinando II, dopo vari tentativi di arginare il fenomeno del brigantaggio in Calabria nominò un commissario ad hoc il quale in due anni arresto’ 123 briganti e ne uccise 12. Ma la determinazione Borbonica nell’arrestare il brigantaggio non porto’ particolari frutti. Poco piu’ di dieci anni dopo, nel 1843 le montagne attorno a Catanzaro furono sconvolte da nuovi fenomeni di brigantaggio: furti, rapine, assassini e violenze di ogni genere. Le bande dei briganti, anche se decimate, in poco tempo si ricostituivano perché le condizioni di vita erano talmente misere che per sopravvivere era necessario rubare.
Le cose non migliorarono sotto i Savoia i quali imposero forti tassazioni alla popolazione contadina. Quando nel 1867 Catanzaro e la Calabria furono sconvolte da epidemie di colera e di vaiolo, gli abitanti della regione erano talmente disperati che non si preoccupavano nemmeno di seppellire i morti. Fomentati da un clero ignorante e dai briganti, i contadini calabresi venivano a credere che i soldati del Regno d’Italia erano di fatto untori e ad essi si ribellavano con atti di violena. Per tutta la seconda meta’ dell’ ‘800 in Calabria si ripetevano periodicamente le stesse tragedie: paesi della Calabria venivano attaccati dai briganti che razziavano il poco che potevano razziare e uccidevano gli uomini piu’ ricchi delle comunita’, seguiva una repressione dello Stato Sabaudo con imprigionamento e fucilazioni, ma poi nel giro di qualche mese, le rivolte scoppiavano altrove in maniera simile a quelle appena estinte.
Il Siciliano Luigi Sturzo criticò l’accentramento politico che aveva caraterizzao l’unificazione d’Italia nei primi 50 anni in quanto impediva qualsiasi iniziativa regionale autonoma. Secondo Sturzo il lato oscuro dell’Italia era il Sud, “incapace di camminare con il resto della nazione, figlio vagabondo e parassita, che non produceva, non guadagnava, era di intralcio ai preparativi delle conquise colonialiste e al dibattito sul suffragio universale maschile”. Crispi e Depretis ebbero vari ripensamenti e dubbi nell’estendere il suffragio universale agli analfabeti e ai contadini del Sud in quanto il suffragio universale poteva essere usato come un’arma pericolosa in mano a coloro che non sapevano servirsene, preparando disordine morale e la corruzione.
Ma ci fu un periodo piu’ antico della storia in cui Catanzaro fu un centro prospero e vivace, un centro produttivo e artistico, un baluardo di civilizzazione in un’Europa sconquassata dalle invasioni barbariche.
Mille anni prima dell’arrivo dei Savoia, i Bizantini scacciarono gli Arabi che a Catanzaro avevano gia’ fondato un emirato chiamato Qatansar. Essi riconvertirono la popolazione al cristianesimo e impiantarono strutture produttive nella citta’. Catanzaro ebbe fortuna perche’ durante il periodo Bizantino le coste Calabresi erano soggette alle incursioni saracene e pertanto la maggior parte degli abitanti della Calabria viveva nelle montagne dell’entroterra. Il mare per gli abitanti della zona rappresentava piu’ un pericolo che una risorsa.
Catanzaro amo’ il suo ruolo di capitale regionale e fu l’ultima citta’ piu’ bizantina della Calabria a cedere agli attacchi del re Normanno Roberto Guiscardo quando conquisto’ la Calabria.
Nel periodo Bizantino Catanzaro fu la prima citta’ in Italia a vedere introdotta l’arte della seta e del gelso. Tale arte venne introdotta dagli Ebrei che erano giunti a seguito dei Bizantini. Catanzaro, come la maggior parte delle citta’ dell”italia meridionale aveva la sua Giudecca , il suo quartiere ebraico, dove gli Ebrei si dedicavano prevalentemente al commercio, alla medicina e all’attivita’ finanziaria in quanto ad essi non era permesso di possedere terre ne’ coltivarle. In tutta l’Italia meridionale gli Ebrei erano una delle comunita’ piu’ avanzate, in quanto tutti i maschi ebrei sapevano leggere e scrivere. E sebbene fossero periodicamente perseguitati, gli Ebrei dell’Italia meridionale trovarono un territorio relativamente tranquillo in cui vivere e lavorare.
A Catanzaro gli Ebrei si erano specializzati nella produzione della seta, importando tecniche di lavorazione, macchinari e prodotti provenienti dalla Siria e dal Medio Oriente. Gli Ebrei introdussero e valorizzarono l’industria della seta e le attività ad essa connesse: allevamento del baco, coltivazione del gelso, fabbriche di tessuti, tintorie tra cui quella famosa dell’indaco, immessa sui mercati europei per la prima volta dai produttori reggini. Gli Ebrei portarono un enorme contributo al commercio catanzarese e aprirono negozi con ogni sorta di merci alle quali si univano i damaschi ed i famosi velluti di Catanzaro che essi stessi andavano a vendere in Spagna, in Olanda, a Genova e a Venezia.
Gli Ebrei dell’Italia Meridionale avevano praticamente il monopolio della tintura dei tesuti e della manifattura della seta. Essi avevano svolto simili ruoli in tempi piu’ antichi nelle terre Bizantine.
Una ulteriore migrazione verso la Calabria si ebbe con l’avvento degli svevi nella regione, per il trattamento di favore accordato agli ebrei prima da Enrico IV e poi da Federico II, per incrementare le industrie della seta, della tintoria, del cotone, della canna da zucchero e della carta. E ciò non perché essi lavorassero in quelle industrie, ma perché ne intensificassero la produzione, contribuendo così al progresso dell’economia locale.
A Catanzaro gli Ebrei erano esclusi dal diritto di proprieta’, dalla parentela promiscua, dalle magistrature, dalle armi, dalle eredita’, dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. Essi erano obbligati ad andare per Catanzaro con un mantelletto nero per essere distinti dagli altri cittadini.. Nel 1417 la citta’ di Catanzaro appoggiò la richiesta da essi rivolta al governo di essere dispensati dal portare il segno distintivo, l’esonero dal pagamento della “gabella della tintoria”, nonché l’assicurazione di non essere molestati né dagli ufficiali regi, né dagli inquisitori ecclesiastici. Poco dopo gli Ebrei ottenevano di formare una comunità unica con i Cristiani, senza alcuna discriminazione nei loro riguardi.
Ma verso la fine del XV secolo il sovrano Ferdinando d’Aragona sovrano di Spagna e di Sicilia impresse una direzione negativa alla comunita’ Ebraica del Mezzogiorno Italiano. Egli fece il voto di cacciare tutti gli Ebrei dai suoi possedimenti in Spagna ed in Italia Meridionale se avesse riconquistato la citta’ di Granada agli Arabi. Quando questo avvenne nel 1492, Ferdinando procedette al decreto di espulsione. Una delegazione di alti funzionari Siciliani fece appello a questo decreto sottolineando che era impossibile cacciare con la forza 100,000 Ebrei Siciliani. Essi producevano ricchezza ed il loro sostentamento era sufficiente a mantenere una fiorente industria agricola con una spesa di un milione di fiorini all’anno colo in cibo. I Siciliani erano atterriti alla decisione del loro sovrano di cacciare gli Ebrei. Il commercio si sarebbe fermato. Quasi tutti gli artigiani dell’isola erano Ebrei e se tutti se ne fossero andati in esilio, i Cristiani avrebbero perso migliaia di mani che producevano articoli indispensabili in metallo, aratri, ferri di cavallo e vari componenti per la costruzione di navi. Essi non avrebbero trovato sufficienti cristiani a rimpiazzarli e quelli che li avrebbero rimpiazzati avrebbero richiesto salari esorbitanti. Le proteste degli alti funzionari di Palermo furono vane. 200,000 Ebrei Spagnoli furono cacciati dalla Spagna e dalla Sicilia furono esiliati 100,000 Ebrei e tutti i loro beni vennero confiscati. Gli esuli scapparono verso l Calabria, la Campania e la Puglia; ma quando gli Spagnoli sconfissero i Francesi e conquistarono tutto il Mezzogiorno d’Italia nel 1505 anche gli Ebrei di Calabria, e gli Ebrei di Catanzaro con essi furono costretti ad emigrare. Alcuni andarono nella Penisola Balcanica, allora posseduta dai Turchi, altri scapparono nel’Italia e nell’Europa Settentrionale.
La cacciata degli Ebrei porto’ al lento declino della produzione e del commercio della seta e con essa alla scomparsa dell’industria da Catanzaro e alla capacita’ di questa citta’ di guadagnarsi e di rimpiazare le importazioni. Nuovi centri serici si svilupparono in Lombardia ed in Francia, copiando le tecniche provenienti da Catanzaro. La citta’, privata come tutto il meridione d’Italia della sua forza lavoro produttiva, divenne sempre piu’ povera e sempre piu’ vessata dal fisco Spagnolo il cui centro amministrativo era Napoli. Catanzaro ed il Mezzogiorno d’Italia piombarono nell’arretratezza. Non piu’ in grado di produrre beni che guadagnassero loro importazioni, si adagiarono ad un’economia agricola di sussistenza.
L’unico magro aiuto che gli Spagnoli diedero alla Calabria fu un’improvvisata infrastruttura di difesa. Sotto il vicere’ Pedro da Toledo, gli Spagnoli procedettero a smantellare le antiche mura delle citta’ della Magna Grecia che avevano resistito per secoli al fine di fortificare isole e coste. Ma cio’ non impedi’ ai Turchi di organizzare a intervalli piu’ o meno regolari saccheggi alle coste calabresi, distruggendo citta’ e villaggi e prendendo in schiavitù la popolazione Calabrese che veniva venduta come schiavi nei mercati di Tripoli e Algeri. Sotto il regno di Carlo V, nella seconda meta’ del secolo XVI furono frequenti le incursioni dei Turchi sulle spiagge della Calabria.
Durante la dominazione spagnola il potere giuridico e il potere di tassazione erano in parte detenuti dai baroni. Tutta la Calabria era di fatto una terra suddivisa in tante piccole baronie, ognuna delle quali piuttosto povera perche’ i baroni locali vedevano ridursi il valore delle loro rendite sia per la forte inflazione causata dall’importazione dell’oro dalle Americhe, sia perche’ i contadini da cui traevano le rendite erano sempre meno produttivi e meno numerosi. D’altro lato, per mantenere prestigio sociale, i Baroni dovevano spendere molti danari presso la corte di Napoli e pertanto molti nobili furono costretti a vendere le loro terre perche’ insufficienti a mantenere la dispendiosa vita di corte napoletana e ed costretti a vendere le loro terre ai mercanti Genovesi a partire dalla famiglia dei Grimaldi.
Il seicento calabrese fu un secolo di malessere, contrabbando, pressione fiscale terremoti, carestie epidemie e alluvioni. I feudatari calabresi, pur tra diverse traversie, continuavano a detenere un forte controllo su alcuni territori tanto che quando agli Asburgo si succedettero i Borboni, alcuni sfidarono i Borboni con un proprio esercito.
Per Catanzaro e per la Calabria, i secoli seguenti fino ad oggi furono secoli bui di poverta’, impoverimento ed irrefrenabile decadenza. Catanzaro e la Calabria si ritrovarono isolate dalle traffico e preda di banditismo. Catanzaro si salvava per la sua posizione piu’ lontana dalla costa, posizione che la aveva protetta anche nei millenni precedenti visto che la maggior parte dei suoi conquistatori erano sempre venuti dal mare. Ma senza i suoi Ebrei e la sua industria serica Catanzaro scivolo’ in un periodo plurisecolare di inarrestabile declino.
Continua…
Fonti: The Italian American Experience , Giuseppina Silvestri Ebrei in Calabria Un passato che non passa Cesare Sinopoli europacalabria Simon Dubnov