Le cittá sono la ricchezza delle nazioni

Un nuovo modo di vedere l’economia

Archive for 21 luglio 2008

Polo logistico di Bologna. Un rischio o un’opportunita’?

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

 

Bologna si sta imbarcando in un grandioso progetto infrastrutturale tra i maggiori mai intrapresi da una citta’ Europea a partire dagli anni ’60.

Il movimento di passeggeri e di merci nella sua regione aumentera’ notevolmente dopo che il governo nazionale e le autorita’ locali hanno annunciato un piano che prevede una spesa di €22 miliardi nei prossimi 20 anni per la costruzione di autostrade, ferrovie e scalo merci.

Cio’ che e’ meno chiaro e’ la previsione per la miriade di progetti pianificati dalle societa’ immobiliari che sperano di fare affari su questo piano di rinnovamento infrastrutturale. Gli immobiliaristi specializzati in progetti industriali, sperano che Bologna divenga uno scalo merci molto piu’ importante di quanto non sia ora. Ma perche’ questo avvenga, essi devono portare via spazio a Modena e Verona, un compito piuttosto arduo.

Le infrastrutture nei trasporti di Bologna sono rimaste agli anni sessanta, frustrate dall’instabilita’ politica. Ora si sta progettando una nuova stazione dei treni capace di ospitare quasi mezzo milione di metri quadrati di spazi per negozi, alberghi ed uffici. Inoltre si sta progettando l’espansione dello scalo merci, treni passeggeri ad alta velocita’ che colleghino Bologna a Firenze e Milano con maggiore velocita’ ed afficabilita’ di oggi.

I progetti iniziati oggi prevedono costi di €18.5 miliardi, sono stati interamente finanziati dalla societa’ pubblica RFI, secondo Enrico Levi, di PromoBologna. Gli altri 14 progetti hanno gia’ raccolto l’83.4% dei finanziamenti necessari. Levi si dice fiducioso di riuscire a raccogliere i rimanenti fondi nonostante la forte crisi internazionale.

La posizione geografica di Bologna ne ha fatto un centro logistico importante sia per operatori internazionali come la Schenker, che per DHL che per molti operatori nazionali. Gli amministratori della citta’ sperano che la crescente popolazione di Bologna e la conseguente fame di case aiuti lo sviluppo immobiliare della citta’, dove si prevedono 8,000 nuovi appartamenti nei prossimi 10 anni. La popolazione della provincia di Bologna e’ aumentata in 10 anni del 5%, seondo la societa di ricerca Scenari Immobiliari. Questa crescente popolazione ha bisogno di maggiori e piu’ diversificati servizi abitativi.

Ma il progetto piu’ ambizioso e’ l’interporto di Bologna, uno sviluppo di circa 7 milioni di metri quadrati che dovrebbe lanciare un sistema di trasporti intermodale su grande scala dove le merci passano dalla gomma alla rotaia intercettando le grandi “rotte” Europee.

Interporto di Bologna Spa, la societa’ che gestisce il progetto, vuole che lo scambio di merci cresca piu’ del doppio rispetto al livello attuale e per questo pianifica uno spazio per magazzini di 1 milione di metri quadrati.

Daniela Percoco, direttrice di Nomisma, una societa’ di ricerca economica, osserva pero’ che questa ambiziosa espansione corre il rischio di competere con altre citta’ come Verona e Modena. Quest’ultima citta’, in particolare, ha un polo logistico e dista solo 30 minuti da Bologna.

 

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Il maestro di Isfahan

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

 

Un giornalista della rivista americana New Yorker, nel periodo della rivoluazione in Iran (1979) intervisto’ un maestro di scuola elementare, un devoto mussulmano, che era stato uno dei capi della rivolta contro lo Scia’ a Isfahan. Il giornalista, dopo aver prima ascoltato la descrizione della repressione politica e la crescente disorganizzazione sociale, introdusse alcune domande sull’economia. Il giornalista chiese al maestro, che si era laureato all’Universita’ di Teheran quindici anni prima, se era vero che l’Iran, nei quindici anni precedenti, avesse davvero intrapreso un cammino verso lo svilupo economico.

No, disse il maestro. “Devo dire con grande rammarico che la nostra crescita economica e’ basata sui soldi provenienti dal petrolio. Se consideriamo dove siamo arrivati e dove sono arrivati stati avanzati come il Giappone, capiamo benissimo quello che non abbiamo realizzato. E quando penso all’economia del Giappone e all’economia dell’Iran mi viene in mente un verso:

“Io e Leila eravamo compagni di viaggio nella strada della vita; ella raggiunse la sua casa, e io sono ancora un vagabondo.”

Ma il giornalista incalzo’ il maestro e sottolineo’ che anche se altri paesi avessero saputo progredire economicamente piu’ dell’Iran, tuttavia il suo paese aveva raggiunto buoni risultati.

“Cio’ che vediamo qui e’ l’inflazione” rispose il maestro. “I prezzi del cibo sono aumentati. Cio’ che vediamo qui e’ la svendita delle nostre riserve di petrolio… Cio’ che vediamo qui e’ un sistema agricolo che non vale nulla… La nostra industria e’ solo una catena di montaggio per prodotti che vengono realizzati in altri paesi…” A questo punto uno degli ascoltatori di quell’intervista offri’ al giornalista una mela. “Egli inizio’ a pelarla per me” scrisse il giornalista, “ma al primo contatto del coltello con la mela, la lama del coltello si separo’ dal manico. E il maestro disse disgustato: “Il governo Iraniano possiede circa un quarto della Krupp in Germania, ma in Iran non possiamo nemmeno produrre un coltello in grado di tagliare una mela.”
La scelta del coltello per offrire una caricatura della differenzafra i produttori di beni in Iran  che l’Iran intendeva comprare e quelli che era in grado di podurre era ben spiegata. Per essere in grado di creare sviluppo, una buona industria manifatturiera e’ vitale, e produrre buoni coltelli e lame e’ un elemento fondamentale per produrre beni industriali oltre che di consumo.

Un’economia che non sa produrre per se stessa un ampio e vario insieme di prodotti per il suo uso interno non e’ in grado di fare passi avanti in direzione dello sviluppo, indipendentemente da quello che compra da fuori. Sarebbe come pensare che un petroliere miliardario che comprasse splendide sculture e splendidi dipinti, diventasse automaticamente un artista.

 Lo Scia’ di Persia stava essatamente facendo questo, comprando sviluppo da posti al di fuori dell’Iran. Anche se le fabiche dello Scia’ inizialmente erano state guadagnate dall’Iran, diversamente dalle fabbriche finanziate da sussidi e prestiti come quelle della TVA , non erano state guadagnate da lavoro cittadino, e tali guadagni non avevano fatto nulla per consentire all’Iran di costruire un’economia versatile e produttiva in grado di generare aree metropolitane. Pertanto, tali acquisti avevano semplicemente rinforzato l’economia grottesca e sbilanciata dell’Iran. Un’economia basata sulla produzione di materie prime, un’economia basata sul petrolio.

(Segue un breve filmato sulla deposizione dello Scia’ di Persia)

 

 

Continua…

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Gli Scia’ di Persia

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

Lo Scia’ di Persia voleva un’economia come quella dell’America, del Giappone e del Nord Europa. E per realizzare il suo sogno pensava che  fosse sufficiente dotarsi dei loro stessi macchinari e della loro stessa tecnologia. E cosi’ si mise ad acquistarla, consigliato da un gruppo definito masachuseti  dai sociologi Iraniani, che significa tecnocrati che hanno competenze ed educazione associate al Massachusetts Institute of Technology, dove la maggior parte dei consiglieri dello Scia’ erano stati educati.

Lo Scia’ si mise ad ordinare una fabbrica di elicotteri nel 1975 per la venerabile citta’ di Isfahan, un sistema da lui riteneva opportuno per “comprare” sviluppo economico. I masachuseti negoziarono con una societa’ americana, la Textron, un contratto per disegnare un nuovo elicottero a diciannove posti e per  costruire una nuova fabbrica. Un secondo contratto prevedeva un pagamento alla Textron per addestrare i meccanici Iraniani che avrebbero costruito e fatto la manutenzione agli elicotteri e per addestrare i piloti che li avrebbero fatti volare.

Contratti come questo erano tipici ai tempi dello Scia’ di Persia. La Persia ne aveva stipulati di simili anche con societa’ Giapponesi e Europee per la creazione di fabbriche di fertilizzanti, di cemento, siderurgiche, di elettricita’, per la costruzione di ospedali, impianti automobilistici ed anche per la costruzione di villaggi agricoli. Alcuni impianti erano stati pensati per produrre per il mercato iraniano. Altri, come la fabbrica di elicotteri, erano pensati per esportare anche all’estero. L’Iran pagava per queste fabbriche e macchinari con il petrolio, con l’idea che quando il petrolio fosse finito, l’Iran non avrebbe piu’ avuto bisogno di importare sofisticati beni manufatturieri, avrebbe prodotto il proprio cibo da se’, e avrebbe esportato prodotti finiti anziche’ la materia prima del petrolio – in breve, lo Scia’ voleva creare una economia armoniosa e diversificata in grado di produrre beni abbondanti e diversi per se’ e per altri. Questa era la sua teoria.

La Textron, come suggerisce il nome, inizio’ la sua esistenza come fabbrica tessile ma era diventata un conglomerato diversificato che cresciuto attraverso acquisizioni. Fra queste acquisizioni vi era una fabbirca di elicotteri, la Bell Helicopter di Buffalo, New York, che era stata trapiantata a Fort Worth, Texas. Bell aveva esperienza nel gestire professionalmente progetti complessi: lo Scia’ ed i suoi masachuseti  non volevano che il progetto scivolasse nella confusione, nello spreco e nell’inettitudine che era avvenuta quando l’Uruguay  aveva sperimentato l’impianto di un’intera economia maniufatturiera. La Textron pertanto creo’ una filiale, Bell Operations, ad Eules, Texas, non lontano dalla casa-madre Bell, per dedicarsi esclusivamente a questo progetto. Mentre gli ingegneri di Eules lavoravano sul progetto del nuovo elicottero ed iniziavano a progettare anche la fabbrica, altri ingegneri e direttori della Bell aprivano una filiale ad Isfahan per preparare la progettazione e la produzione. La fabbrica sarebbe stata molto grande, in tutto avrebbe avuto 50 edifici.

Qualche tempo dopo, la Bell Operations fece costruire la fabbrica alla Jones Construction Company di Charlotte, nel Nord Carolina, un’altra impresa competente e con esperienza in materia. La Jones Construction subappalto’ alcuni lavori. Ad esempio, la Howard P. Foley di Washington D.C. era responsabile per la progettazione, la supervisione e l’acquisto di apparecchiature elettroniche. Gli ordini di acquisto inviati da una filiale della Foley di Dallas in Texas, arrivavano a sei grossisti di impianti elettronici fra cui la Graybar Electric Company di New York, che attraverso il suo ufficio di Dallas, ordinava macchinari, componenti e materiali da una variegata gamma di fornitori grandi e piccoli: ad esempio, le micro-stazioni elettriche venivano ordinate alla Dis-Trans Products in Luisiana e gli interruttori elettrici venivano ordinati alla General Electric, che li prouceva in quattordici diverse fabbriche dislocate in parti diverse degli Stati Uniti. Dis-Trans e General Electric erano solo due dei novanta fornitori da cui Graybar comprava la sua quota del lavoro all’impianto di Isfahan. Tutti questi novanta fornitori avevano a loro volta catene di subfornitori per i componenti ed i semilavorati che occorrevano per la produzione dei loro strumenti. E questa catena si ripeteva allo stesso modo per le altre imprese che come la Greybar avevano vinto in subappalto la costruzione dell’impianto di Isfahan.

Ad esempio il riscaldamento, l’aria condizionata e le condutture idrauliche vennero subappaltate dalla Jones Construcion alla Sam P. Wallace Company di Dallas. Wallace attinse da 150 fornitori come la Texas Automatic Sprinkler, che progettava sistemi di protezione anti-incendio e che a sua volta ordinava parte dei propri semilavorati e componenti da altri fornitori, cosi’ coime facevano gli altri 149 fornitori della Sam P. Wallace.

Per organizzare il trasporto a Isfahan di tutti questi componenti e di molti altri, la Jones Construction, la Wallace e la Foley assunsero una societa’ di trasporti specializzata, la Daniel F. Young Inc., che apri’ un ufficio apposta a Fort Worth. Young organizzo’ e coordino’ la raccolta dei componenti da spedire in Iran nei porti di Houston, New Orleans, Charleston, Norfolk, Baltimora e New York. Per il trasporto su nave, Young utilizzo’ navi di linea e finalmente a questo punto troviamo un coinvolgimento di soggetti Iraniani. Il principale trasportatore che prendeva i carichi di spedizione da un porto americano all’altro ogni due settimane, mese dopo mese, era Iran Express: il 49% di questa societa’ era posseduto dalla Ulterwyk Corporation di Tampa, Florida ed il 51% era posseduto dal Governo Iraniano. L’Iran aveva anche la maggioranza di altre due linee cargo.

Anche se centinaia di simili contratti che totalizzavano decine di miliardi di dollari furono portati a compimento, i contratti della Textron non furono portati a termine. Nell’Agosto del 1978, quando la fabbrica di elicotteri di Isfahan era quasi finita, violente proteste contro lo Scia’ esplosero nella citta’ di Isfahan. Un’autobomba fece esplodere un pullman che trasportava impiegati della Bell, ma le autorita’ imposero la legge marziale e la costruzione continuo’. Tuttavia, in quello nello stesso periodo, il governo si rendeva conto di aver ipotecato le rendite provenienti dalla produzione di petrolio, che erano l’unico modo con cui l’Iran poteva permettersi di comprare beni dall’estero. Per avere piu’ valuta estera, il governo prese in prestito a garanzia delle rendite provenienti dal petrolio, e per coprire le sempre piu’ elevate spese, si era messo a stampare moneta ad un tasso cosi’ elevato che i prezzi lievitarono alle stelle distruggendo il commercio locale.

Nell’Ottobre del 1978 l’Iran non onoro’ un pagamento alla Textron. Non appena tale pagamento non venne pagato, la Textron termino’ il lavoro. Tutta la catena dei lavoratori dalle sale di progettazione della Textron a Eules, fino a quelli dei sub sub sub sub appaltatori di Chicago, Brooklyn e Filadelfia persero il lavoro, mentre i direttori vendite cercavano di riciclare la merce in surplus ed i semilavorati destinati ad Isfahan ad altri clienti. La Bell cerco’ provvisoriamente di riconsiderare i piani di produzione degli elicotteri e si adopero’ a cercare un altro partner straniero. Due mesi dopo che i pagamenti alla Textron si erano fermati e poco dopo che lo Scia’ era statao deposto, il governo Iraniano cancello’ ufficialmente i contratti alla Textron.

Continua…

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Venezia, la salvatrice dell’Occidente

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

Dopo la disintregrazione dell’impero romano d’Occidente, l’Europa evito’ l’interminabile stagnazione che copri’ regioni come ad esempio l’Etiopia grazie alla formazione delle citta’ medievali. Tuttavia, perche’ una nuova citta’ si formi essa ha bisogno di citta’ gia’ esistenti con cui iniziare il proprio commercio. Fortunatamente per l’Europa c’era uno sporco  e piccolo villaggio sulle fangose paludi alla cima del Mare Adriatico che scopri’, durante le profondita’ del Medio Evo, quando il resto d’Europa stesse deteriorando e decadendo, che c’era un mercato cittadino per il sale e poi per il legno.

Il mercato cittadino era Costantinopoli, lo sporco e paludoso villaggio era Venezia. Ma Venezia, la citta’ pioniera dell’economia Europea, non rimase solo una stazione di rifornimento per il sale e la legna diretta a Costantinopoli.

Diversificando la propria produzione inizianta sulla base di quel commercio di sale e legname, Venezia procedette a svilupparsi. Venezia divenne a sua volta un mercato per i villaggi del Nord Est della Penisola Italiana – che poi diventarono citta’ per conto proprio. Iniziando da Venezia, le citta’ d’Europa si passarono la scintilla dell’innovazione e della creativita’ economica l’una con l’altra, moltiplicandosi ed espandendosi dopo secoli di incursioni barbaraiche e dopo che Roma era diventata un villaggio di qualche migliaio di persone preoccupate a sopravvivere fra le rovine del suo grande impero in un’economia che ormai era di mera sussistenza.

Andando indietro sino al Neolitico, non sembra che ci sia mai stato un decadimento contemporaneo di tutte le citta’ del mondo, e che in nessun periodo in cui tutta la vita economica consisteva in economie escluse e di sussistenza. Mentre Addis Abeba stava morendo, Roma stava sorgendo. Mentre le grandi citta’ della Cina stavano ristagnando, Venezia stava sorgendo. Non c’e dubbio che in futuro (ammesso che ci sia un futuro per un mondo intrappolato da migliaia di armi nucleari) la gente ricordera’ che mentre le citta’ della Gran Bretagna stavano decadendo, le citta’ del Giappone stavano espandendosi.

Ma supponiamo, per ipotesi che il mondo sviluppasse un declino generalizzato come quello della fine dell’impero romano. Cio’ potrebbe accadere se le citta’ in troppi posti ristagnasesero simultaniamente o in rapida successione. O potrebbe accadere se il mondo dovesse diventare di fatto un unico impero decadente.

Se la stagnazione globale di tutte le citta’ dovesse accadere, la vita economica di ciascuno decadra’, e non ci sara’ via d’uscita: nessuna vigorosa citta’ potra’ intervenire, nessuna giovane citta’  potra’ prendere il posto delle citta’ stagnanti. Se questo dovesse succedere, possiamo stare certi che con lo svanire della pratica di sviluppare economie cittadine, la memoria di come fare molte cose sparirebbe con esse, e dopo di essa sparirebbela fiducia che gente normale potrebbe partecipare a tale vita eonomica. In verita’, questa non e’ una possibilita’ nel mondo, nemmeno nel mondo odierno. Se isolate, Henry, la vecchia Bardou , e anche l’Etiopia diventerebbero la norma. Ovunque, tutti diventerebbero morosos , coloro che non hanno speranza. Tutti abbiamo incubi sul futuro della nostra vita economica. Questo e’ il mio incubo.

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Il brutto della Russia

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

 

L’ex Presidente Russo Putin ha affermato in piu’ di un’occasione che la Russia non ha alcuna industria competitiva ad eccezione dell’industria petrolifera, del gas e dell’estrazione dei minerali. Pertanto Putin dovrebbe probabilmente ringraziare la Cina e non la Russia stessa per la sua nuova ricchezza. Se il prezzo del petrolio fosse $30 al barile come ai tempi in cui Putin prese il potere, le cose in Russia sarebbero molto diverse. Naturalmente la Russia non ha solo petrolio, ma in tutto il suo immnso territorio, possiede anche miniere di metalli il cui prezzo negli ultimi anni, grazie al boom Cinese, e’ triplicato. Lo stesso discorso vale per il gas Russo che mantiente le case di mezza Europa riscaldate d’inverno.

Dalla caduta del comunismo, l’economa Russa e’ diventata un’economia di semi-mercato, orientata al monopolio e forse ancora piu’ corrotta della vecchia economia sovietica. Anche se questa economia e’ piu’ produttiva dell’assurda economia sovietica che era completamente centralizzata, la sua crescita e’ quasi interamente dovuta all’aumento dei prezzi delle materie prime e parte di questi benefici ricade anche sulla popolazione.

Il governo possiede molte imprese produttrici di materie prime e quelle che non possiede direttamente le tassa pesantemente. Anche dopo che il governo e gli ufficiali russi risucchiano con la loro immensa corruzione tutti questi soldi, ne rimangono abbastanza per pensionati e per progetti infrastruttrali. In alcuni casi addirittura il governo Russo non trova architetti ed ingegneri a sufficienza per mettere a punto i progetti miliardari per cui periodicmente stanzia miliardi di dollari.

In Russia il settore bancario si sta espandendo, ma il settore tecnologico praticamente non esiste. L’industria informatica Russa e’ minuscola in confronto a quella Cinese e Indiana.

Il denaro si sta riversando sulla Russia, ma i Russi non sanno dove e come investirlo e da qui segue l’elevata inflazione e l’elevatissimo prezzo degli immobili, particolaremente nelle citta’ di Mosca e San Pietroburgo. A Mosca, il prezzo medio di un appartamento e’ di $600 al metro quadrato, mentre il salario medio annuale e’ di $11,000. Ne segue che l’economia Russa e’ pesantemente distorta.

I burocrati alla guida del paese sono pieni di soldi e si sentono i padroni dell’Universo. Ma con una popolazione in calo, un sistema educativo sotto stress, una  corruzione dilagante e una crescita enorme del ruolo del governo nell’economia, il futuro della Russia non appare per nulla roseo.

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Il bello della Russia

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

  Progetto per il nuovo edificio della Gazprom a San Pietroburgo

 La prosperita’ della Russia non e’ un fenomeno limitato ad uno sparuto gruppo di oligarchi e di ex ufficiali del KGB e del governo. La maggior parte dei media occidentali non capiscono la profonda trasformazione che sta interessando l’area della ex Unione Sovietica e della Russia in particolare.

In Russia si stanno costruendo aeroporti nuovi di zecca, grattacieli e centri commerciali. Le enormi ville nelle periferie boscose di Mosca e San Pietroburgo rivaleggiano per lusso e dimensioni con quelle dei miliardari Texani. Nel frattempo una nuova classe media compete con il resto del mondo per comprare beni di lusso. I tempi degli squallidi e disadorni hotel sovietici sono finiti e dimenticati.

Oggi la Russia e’ all’avanguardia in settori strategici come il petrolio, il gas e l’estrazione di metalli. La Gazprom e’ la quarta multinazionale piu’ grande del mondo e molte societa’ Russe sono tra le prime cinquecento societa’ in Europa. Le banche Russe si stanno espandendo aggressivamente e stanno creando reti regionali che offrono diversi servizi finanziari. La nuova Russia e’ diventata uno dei paesi piu’ ricchi del mondo.

Il PIL della Russia e’ cresciuto dell’8.5% nel primio trimestre del 2008, grazie al boom nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture. Grazie all’aumento del prezzo delle materie prime le casse dello stato russo sono piene di soldi perche’ le esportazioni sono aumentate del 51%. Inoltre, i consumi sono aumentati del 15%, gli investimenti del 20%.

 Continua…

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Birmania

Posted by janejacobs su luglio 21, 2008

Gli abitanti della Birmania hanno reciso i vecchi legami coloniali con l’Europa ed hanno rifiutato ogni offerta di prestiti, sussidi dai Paesi Occidentali e dalla Banca Mondiale. I governanti della Birmania hanno proibito il commercio con l’estero anche se il mercato nero fiorisce. Gli abitanti della Birmania non solo producono poco per i mercati lontani, ma producono meno abbondantemente e meno diversamente per se’ stessi di quanto non facessero durante il periodo coloniale o nei tempi antichi in cui erano i Birmani stessi ad aver creato una originale e proficua vita economia. I Birmani oggi sono affondati nella sussistenza piu’ basilare e sono oggi piu’ poveri di quanto non lo fossero in passato. Essi hanno un’economia primitiva, anche se apparentemente pensano di stare meglio per essersi tagliati fuori dai legami con le citta’ lontane. Un’altrenativa piu’ sensata sarebbe di sviluppare un’economia non basata sui modelli stranieri, ma basata su schemi innovativi e originali come hanno fatto l’Europa ed il Giappone e come sta facendo oggi la Cina.

 

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